Palazzo Chigi, vertice sui medici di base: riforma in stand by. Meloni: no a scontri

Spinge Salvini, frena Forza Italia: è un blitz. Il nodo del passaggio a dipendenti del Ssn

Palazzo Chigi, vertice sui medici di base: riforma in stand by. Meloni: no a scontri
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«Non si fanno blitz su una materia così delicata». Il vertice a Palazzo Chigi su sanità e medici di famiglia è terminato da neanche mezz'ora quando, intercettato in Transatlantico, il capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli non esita a manifestare forti dubbi sulla riforma dei medici di famiglia che ormai da mesi è sul tavolo del governo. Perplessità di metodo, ma soprattutto di merito. Perché, spiega il portavoce azzurro Raffaele Nevi, «siamo contrari alla modifica dello status giuridico del medico come lavoratore autonomo e lo abbiamo ribadito più volte». Insomma, «il medico di base deve restare un libero professionista». In linea con la proposta di legge presentata alla Camera da Forza Italia una quindicina di giorni fa e che, spiega Barelli, prevede per i medici «lo svolgimento per almeno 18 ore settimanali di attività da dedicare all'Azienda sanitaria». E in particolare alla Case di comunità previste dal Pnrr, che dopo il 2026 dovrebbero diventare il nuovo baluardo della medicina territoriale filtrando e limitando l'accesso dei pazienti cronici al pronto soccorso e quindi favorendo un decongestionamento delle liste d'attesa.

Ed è proprio questo il cuore del confronto che si è tenuto nella tarda mattinata di ieri a Palazzo Chigi. Una riunione di circa due ore con la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri Giancarlo Giorgetti (Economia) e Orazio Schillaci (Sanità) e il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia. Un vertice che si è concluso con una fumata grigia: per ora nessuna decisione e l'impegno a rivedersi al più presto per sciogliere il nodo del possibile passaggio dei medici di base all'interno del Servizio sanitario nazionale come dipendenti, cambio che sarebbe funzionale al loro inserimento nelle Case di comunità (ipotesi che non è mai piaciuta al sindacato di categoria, la Fimmg, mentre è ben vista, ad esempio, dalla Fp Cgil). D'altra parte, la questione è non solo complessa ma anche divisiva. All'interno della maggioranza di governo, ma anche tra le regioni. Nelle scorse settimane, alcune - tra cui Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Toscana e Veneto - hanno chiesto un intervento dell'esecutivo, ma sull'eventualità di trasformare i medici di famiglia da liberi professionisti a dipendenti non tutte le regioni sono d'accordo. Piemonte e Calabria, per esempio, sono contrarie.

Così, alla fine Meloni ha deciso di tenere la riforma in stand by. Nonostante l'insistenza di Salvini che - supportato da Fedriga - ha inizialmente spinto sull'acceleratore. Oltre al fermo «no» di Forza Italia, infatti, la premier non ha nascosto le sue perplessità su un intervento in un settore così cruciale come la sanità - che da mesi è uno dei cavalli di battaglia delle opposizioni - e su cui, peraltro, c'è l'aperta contrarietà della Federazione italiana dei medici di medicina generale, l'organizzazione sindacale di categoria. Insomma, meglio prendere tempo e procedere con ulteriori approfondimenti. Non è un caso che lasciando Palazzo Chigi Fedriga abbia invitato tutti a «raccontare ai cittadini come stanno le cosa».

Perché, ha detto l'esponente leghista, «o governiamo con la consapevolezza di quello che consegniamo o governiamo semplicemente con la volontà del consenso immediato». E questo, ha aggiunto, «sarebbe sbagliato, soprattutto in un settore cruciale come la sanità».

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