Parlamentari ridotti e 46 sono al governo. Quei salti mortali per evitare cadute e sorprese

I numeri impongono gli straordinari per garantire attività delle due Camere

Parlamentari ridotti e 46 sono al governo. Quei salti mortali per evitare cadute e sorprese

Da parte della maggioranza si è subito parlato di un incidente di percorso. L'opposizione, ovviamente, ne ha approfittato per portare acqua la proprio mulino. La bocciatura, solamente momentanea, del Documento di economia e finanza ha comunque dimostrato che la maggioranza non è sempre schiacciante come il verdetto delle urne dello scorso 25 settembre aveva fatto immaginare.

Tra malattie, missioni, impegni di governo e di commissioni parlamentari, molti esponenti della maggioranza possono sottrarre al governo «puntelli» vitali in alcune votazioni dell'Aula (ma il discorso vale pure per le Commissioni parlamentari).

L'opposizione e buona parte dell'informazione politica hanno fatto notare che è piuttosto insolito che il governo cada sul Def. E in effetti la stessa Meloni si è adombrata per l'incidente. Ma dietro questo «scivolone» istituzionale si nasconde una realtà ben più complessa soggetta a incroci a dir poco pericolosi.

Innanzitutto c'è la nuova composizione del Parlamento. La XVIII legislatura, infatti, ha ridotto di un terzo i parlamentari. Oggi, per esempio, per far passare un testo come il Def c'è bisogno di una maggioranza assoluta composta da 201 deputati. E non è così scontato che il numero si raggiunga sempre e comunque. Tra missioni, malattie, e impegni di governo, molti sono i parlamentari che potrebbero mancare il voto dell'Aula.

Nel tanto stigmatizzato voto di mercoledì la maggioranza non ha raggiunto il quorum necessario per sei voti. Va però ricordato che tra i componenti del governo Meloni la squadra di senatori e deputati è ben nutrita: 46 su 55. E si tratta quindi di 46 voti che vengono spesso sottratti alla votazione sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. E per loro partecipare ai lavori dell'Aula diventa un'impresa quasi impossibile (Openpolis ricorda in proposito che il record negativo nelle ultime legislature tocca a Paolo Gentiloni quando era ministro degli Esteri nel governo Renzi, con un tasso di presenza dello 0,25%)

Il tasso di partecipazione dei parlamentari alle votazione (dopo sei mesi di legislatura) è pari al 75% (sempre fonte Openpolis). Nella lista dei venti meno presenti in Aula, Openpolis mette alcuni parlamentari da tempo in precarie condizioni di salute. Ed è un fatto che alcuni di loro come lo stesso Silvio Berlusconi e Umberto Bossi abbiano partecipato a poche votazioni. Sicuramente contro la loro volontà; come è il caso del deputato Fabio Raimondo di Fratelli d'Italia che, vista la caccia alle streghe dopo lo scivolone sul Def della maggioranza, si è sentito in dovere di pubblicare la foto che lo ritrae con un cerotto di un occhio per un problema che richiede accertamenti e lo tiene lontano da Montecitorio. Di sicuro i numeri restano critici almeno al Senato. Giorgia Meloni ha infatti arruolato nel suo esecutivo nove ministri provenienti da Palazzo Madama.

E in questo modo la maggioranza lì è scesa da 116 107 senatori su 206. Anche nelle Commissioni permanenti i numeri ballano. Sempre Openpolis calcola che di media la maggioranza sfrutta un avanzo di appena 2,6 parlamentari a Commissione (in molti casi questo divario scende all'unità).

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