Khalid Chaouki, deputato del Partito Democratico di origini marocchine, è stato eletto presidente del Centro islamico Culturale d’Italia. Meglio conosciuto come Grande Moschea di Roma, è l’unico ente islamico italiano ufficialmente riconosciuto dalla Repubblica Italiana. Finanziato con 90 miliardi di vecchie lire (pagati da Arabia Saudita e Marocco), il suo mantenimento ammonta a circa 400mila euro l’anno, anche questi sborsati dalla Rabitah ovvero la Lega musulmana mondiale, a cui si aggiungono 50mila euro provenienti da privati. I soli a sollevare, dati alla mano, perplessità sull’opportunità di affidare al parlamentare, già sponsor politico della vexata lex sulla cittadinanza, il compito di rappresentare interessi non italiani è stato il Partito anti-islamico di Stefano Cassinelli. Alessandro Meluzzi, presidente onorario, ci spiega il perché.
Il Partito anti islamizzazione è stato l’unica forza politica a sollevare dubbi sull’elezione di Chaouki a presidente della Moschea di Roma, perché?
“Perché ci domandiamo se, da oggi, Chaouki obbedirà alla Repubblica o alla Umma, alla Sharia o alla Costituzione. Paesi come il Marocco, l’Egitto e l’Arabia Saudita hanno investito milioni di euro sulla Grande Moschea. Quei soldi, adesso, verranno gestiti da un nostro parlamentare, stipendiato dai cittadini italiani.”
Ritiene che i due ruoli siano incompatibili?
“Siamo di fronte ad un’infiltrazione strisciante e mi chiedo quanto questa nomina peserà sulle decisioni del Parlamento. Penso, ad esempio, all’approvazione della legge sulla ‘cittadinanza facile’. Ma anche al radicamento del Partito islamico italiano, i cui principi non possono che esser antitetici a quelli della nostra Costituzione in materia di libertà religiosa, diritto di famiglia, diritti civili, libertà individuali, condizione della donna e diritto penale. La Procura della Repubblica dovrebbe aprire un fascicolo.”
Quale l’ipotesi di reato?
“Credo si possa inverare la previsione dell’articolo 246 del codice penale che punisce ‘il cittadino, che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali’. Basterebbe la stampa di un Corano per rientrare nella fattispecie perché il proselitismo islamico, con le sue folli tesi, è in palese contrasto con gli interessi del nostro Paese.”
A pochi mesi dal voto, come legge questa nomina?
“Come un’opzione politica per il Partito Democratico. Se dovesse esser approvato lo ius soli, di cui Chaouki non a caso è promotore, sarebbe un bel serbatoio elettorale per una sinistra che pare aver perduto l’identità, con sogni terzomondisti oggi centrati sulla migrazione afro-islamica.”
Eppure diverse testate hanno salutato con
entusiasmo il nuovo incarico di Chaouki…“Sappiamo come è orientato il mainstream della grande informazione, chi la guida, chi la finanzia e chi la paga: gli stessi che alimentano l’invasione dell’Italia.”
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