Pd, la minoranza beffa Renzi: primarie in Calabria al cuperliano

Una scissione della minoranza è ormai da escludere, ma sul Nazareno il cielo resta burrascoso. In Calabria bocciato il renziano Callipo

Pd, la minoranza beffa Renzi: primarie in Calabria al cuperliano

La minoranza piddì mette a segno la prima, importante vittoria su Matteo Renzi. È infatti Mario Oliverio - commissario della provincia di Cosenza, ex deputato e uno dei principali esponenti dell'area che fa capo a Gianni Cuperlo - a vincere le primarie aggiudicandosi la candidatura a presidente della Regione Calabria per il centrosinistra. Oliverio ha vinto la sfida con il renziano sindaco di Pizzo Gianluca Callipo.

Oltre 110mila elettori sono andati a votare per esprimere la propria intenzione nelle primarie di coalizione. E per Renzi è stata una sonora bocciatura. La Calabria non è l'Italia intera. Ma il risultato delle primarie la dice lunga sui movimenti interni al Pd. "Qualcuno ha detto che il Pd ha questo crollo delle tessere perché non è in salute - ha spiegato ieri il premier nella sua Enews - a me pare che un partito che stravince nei comuni goda di buona salute". Il crollo verticale degli iscritti, però, è solo uno dei problemi che sta travolgendo il Nazareno. La linea del governo sul lavoro sta rinfocolando i mal di pancia della sinistra democrat. E lo schiaffo di ieri, in Calabria, non può essere minimizzato. Oliverio ha, infatti, vinto con un ampio margine nelle province di Catanzaro e Cosenza ed è risultato primo, anche se con uno scarto inferiore, anche nel Crotonese. Nel Vibonese i due maggiori contendenti hanno quasi pareggiato i conti. Nel Reggino, infine, Oliverio vince nei comuni della provincia ma perde terreno nel capoluogo di provincia. Questa la mappa della Calabria. Presto Renzi dovrà fare i conti con tutta la Penisola.

Giusto ieri Renzi ha annunciato il titolo della Leopolda che si terrà dal 24 al 26 ottobre: "Il futuro è solo l’inizio". Leopolda che, ci ha tenuto a sottolineare, sarà uno "spazio di libertà" e si rivolgerà non solo agli iscritti piddì. È questo, insomma, il binario lungo il quale vorrebbe cambiare verso al partito, nonostante i malumori dell' attivissima minoranza. Sabato, da Bologna, Cuperlo lo ha anticipato lanciando il "Leopoldo", convention targata Sinistradem che potrebbe tenersi a Livorno e che, nel nome e nelle intenzioni, sarebbe una risposta concreta alla kermesse fiorentina. Un vero e proprio megafono per i mugugni della minoranza. Intanto, mentre il governo cerca una sintesi prima che il Jobs Act approdi in Aula al Senato, continuano le schermaglie sull'articolo 18. "Mettere la fiducia - ha avvertito il senatore Miguel Gotor - sarebbe un segno di grave debolezza". Dalla Festa dell'Italia dei valori, invece, Rosi Bindi ha rivendicato l’autonomia della propria scelta: "Voto come ritengo di votare".

Una scissione o un clamoroso strappo della minoranza al Senato sulla fiducia sono da escludere, ma sul Nazareno il cielo resta burrascoso con una nuova crepa aperta proprio da un renziano della prima ora. Dopo il ritiro dalle primarie in Emilia-Romagna, Matteo Richetti si è tolto qualche sassolino dalle scarpe per dimostrare di non essere uno yes man.

"C’è un solco profondo fra il partito e i suoi elettori, colmato solo da Renzi, come se lui avesse reso credibile e votabile se stesso e non il Pd, che può essere il più grande nemico di se stesso". Parole che suonano quasi come un campanello d’allarme. "Il renzismo originario - ha fatto notare - prevede qualche comparsata in meno e qualche momento di studio in più".

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