Alla fine ha vinto Renzi, con 130 sì, 20 no e 11 astensioni. La direzione del Pd ha approvato la relazione del segretario dopo un lungo dibattito senza esclusione di colpi che ha messo in luce tutte le fratture interne al partito e l'arroccamento della vecchia guardia. Così è stato approvato il documento finale sulla delega lavoro. Hanno votato a favore la maggioranza e i giovani turchi, si è astenuta una parte di Area riformista, ha votato contro una parte di Area riformista.
La minoranza all'attacco
"Vado in direzione. Passa Renzi, dice la sua, noi ascoltiamo poi votiamo. Regali me ne aspetto pochi oggi, francamente non mi aspetto spallate. Alla fine la lealtà alla ditta c’è sempre. Temo che la spallata venga dai fatti, perché poi i fatti hanno la testa dura", ha affermato Pier Luigi Bersani nel giorno del suo compleanno.
"Capisco che voglia sempre cercare dei nemici interni, ma sta facendo quello che non sono riusciti a fare Berlusconi e Sacconi...", ha affermato Pippo Civati commentando l’impostazione del premier Renzi sull’articolo 18. Chi è sicuro di quello che farà è Alfredo D’Attorre che in direzione Pd sarà contro "se Renzi proporrà l’abolizione totale dell’articolo 18". Quanto al voto in Aula "poi vedremo - dice - dipende se il governo mette la fiducia".
Anche Stefano Fassina ha tuonato contro il capo del governo: "Renzi non ha affatto scaricato i poteri forti. Anzi. Ne porta avanti l’agenda, accompagnandola a una retorica anti-establishment. Pertanto lo fa assai più di Monti e in modo molto più efficace di Monti". E ancora: "Noi andiamo avanti e al Senato voteremo gli emendamenti che abbiamo presentato. C’è chi vede un partito bulgaro, noi invece vogliamo discutere nel merito. Abbiamo chiesto un confronto in questi giorni, ma da Renzi non abbiamo ottenuto alcuna risposta". Insomma, la minoranza democratica appare agguerrita. Almeno a parole.
Renzi sfida i sindacati e la minoranza
"Vi propongo di votare con chiarezza al termine della direzione un documento che segni il cammino del Pd sui temi del lavoro e ci consenta di superare alcuni tabù che ci hanno caratterizzato in questi anni", ha detto Matteo Renzi alla direzione Pd, proponendo "profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e anche del sistema del welfare. Le mediazioni vanno bene, il compromesso va bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi".
"Il diritto costituzionale non sta nell’avere o meno l’articolo 18 ma nell’avere o meno un lavoro. Se l’articolo 18 è un diritto costituzionale, perché i sindacati e i partiti hanno fatto a meno dell’articolo 18 pur avendo più di 15 lavoratori?. L’attuale sistema del reintegro va superato, certo lasciandolo per discriminatorio e disciplinare", ha spiegato Renzi.
Che poi ha sfidato i sindacati: "Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi, a confrontarmi la settimana prossima. Con Cgil, Cisl e Uil. Li sfido su tre punti: una legge della rappresentanza sindacale, salario minimo, il collegamento con la contrattazione di secondo livello".
"Trovo che discussioni come quella di oggi siano discussioni belle, anche quando non siamo d’accordo. Trovo che questo sia per me un partito politico, un luogo in cui si discute. Poi, mi piace pensare che in Parlamento si voti tutti allo stesso modo. È stata questa la stella polare quando ero opposizione nel partito, lo è a maggior ragione oggi", ha replicato Renzi alla minoranza.
Cuperlo: "Non sei un dominus"
"Da giorni si dice che la direzione decide e poi si fa tutti alla stessa maniera. Ma nessuno tra noi né alle primarie né alla vigilia delle europee ha messo sul tavolo la riforma del lavoro come è stata raccontata negli scorsi giorni: vediamo il testo e cerchiamo una sintesi condivisa, voglio il bene del Paese come lo vuoi tu, riconosco il tuo primato, politico ed elettorale. Sei il segretario del mio partito e il premier legittimato da una vastissima platea e non la reincarnazione della Thatcher ma non c’è un dominus nel Pd. Dovresti raccogliere la domanda di continuare a cercare qui e oltre nei gruppi, una soluzione più efficace nella ricaduta e più convincente sotto il profilo del principio", ha detto Gianni Cuperlo.
D'Alema: "Da Renzi frasi prive di fondamento"
"Il dibattito politico deve mantenere un forte aggancio alla realtà, ma io potrei fare un lunghissimo elenco di affermazioni prive di fondamento. Si è detto: è la prima volta che si intervenire sul costo lavoro, ma il governo Prodi investì 7mld sul cuneo fiscale, il più significativo intervento sul costo del lavoro, con risultati importanti", ha tuonato D'Alema. Che poi ha rincarato la dose: "Penso con sincero apprezzamento per l’oratoria che è un impianto di governo destinato a produrre scarsissimi effetti e questo comincia ad essere percepito nella parte più qualificata dell’opinione pubblica. Meno slogan, meno spot e un’azione di governo più riflettuta credo possa essere la via per ottenere maggiori risultati. Abbiamo sentito parlare di tabù di cui saremmo prigionieri da 44 anni invece la norma sull’articolo 18 è stata riformata due anni fa, in un paese bene ordinato cambiare norme ogni due anni non è cosa saggia. Inoltre la legge Fornero prevedeva un monitoraggio che ad ora non è stato compiuto e che secondo me, senza citazioni poetiche, è premessa indispensabile per chi voglia governare seriamente anche perché l’articolo 18 non esiste più, esiste una tutela residuale per grave illeggitimità del licenziamento, semmai bisognerebbe monitorare gli effeti della norma e poi intervenire eventualmente perchè non copre tutti i casi possibili di discriminazione. Non è vero che nessuno ha fatto nulla per estenderlo, è stato fatto anche rerefendum. Non è necessario sapere i fatti ma sarebbe consigliabile studiarli la pura eliminazione del reintegro sarebbe l’applicazione in Italia del modello spagnolo che il premier ha escluso, perché è l’unico paese in cui non è previsto, perfino in Gb il magistrato può imporre il reintegro non si capisce perché noi dovremmo restare al di fuori del consorzio civile pensando di fare una riforma moderna, non lo so ci vuole molta fantasia.... Non si racconta che esiste da 44 anni perché un po' di persone che sanno le cose esistono e tu devi pensare, Matteo, a quelli che le cose le sanno non solo a quelli che non le sanno".
Bersani: "No a metodo Boffo"
"Cerchiamo di raffreddarci un po' la testa. Abbiamo davanti un paese da governare che vive un sacco di guai. Sull'orlo del baratro non ci andiamo per l'art. 18, ci andiamo per il metodo Boffo. Io non sono quello del 25%, o che si gioca la partita della vita, perché se uno dice la sua, deve poterla dire senza che gli venga tolta la dignità". Così Pierluigi Bersani, esponente della minoranza Pd, nel corso della direzione nazionale del partito sul Jobs act rivolgendosi a Matteo Renzi.
Camusso: "Intervento vago e contraddittorio"
"Vago, indefinito e contraddittorio". Questi sono i tre aggettivi con cui il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, definisce l’intervento con cui il Presidente del Consiglio e Segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ha aperto i lavori della direzione del PD. "Sebbene contenga toni diversi dal passato, sui temi della riforma del mercato del lavoro e sulla revisione della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) resta ancora vago, indefinito e contraddittorio, a partire dalle affermazioni sull’articolo 18. Non è infatti ancora chiara la proposta avanzata. Anche l’enunciazione dell’obiettivo, da tutti condiviso, dell’eliminazione del precariato e del superamento del mercato del lavoro duale, non si traduce in proposte vere di riduzione delle forme contrattuali. Sebbene sia certamente apprezzabile l’ulteriore estensione a tutte le donne che lavorano del diritto alla maternità e l’impegno a una legge sulle dimissioni in bianco, l’allargamento dei diritti a tutti i lavoratori richiede di considerare anche le altre tutele. Così come sugli ammortizzatori le risorse indicate non fanno intravedere, purtroppo, un’effettiva universalità. Se il Presidente del Consiglio, annunciando l’apertura della Sala Verde, intendeva sfidare il sindacato non possiamo che ribadire che la Cgil è da sempre pronta al confronto. Sarebbe infatti ben strano essere l’unico Paese europeo che fa riforme sul mercato del lavoro senza un dialogo con le parti sociali".
Uil minaccia lo sciopero
"Se i provvedimenti del Governo in materia di lavoro dovessero toccare protezioni e tutele per quei lavoratori che già ce l’hanno e non prevedere tutele crescenti per coloro che non ce l’hanno, la Uil proclamerà uno sciopero generale con modalità e tempistiche che saranno decise, tenuto conto delle scelte governative, nei prossimi giorni si avvieranno assemblee in tutti i luoghi di lavoro e attivi di delegati per illustrare la posizione dell’Organizzazione, definita in un documento che sarà diffuso a tutte le strutture nelle prossime ore.
La Uil è disponibile, come sempre, al confronto con il Governo su tutti i temi che riguardano il mondo del lavoro", si legge in una nota del sindacato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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