Prosegue la resa dei conti nel partito democratico dilaniato dalle faide interne. In molti continuano a puntare il dito contro Joe Biden per essere rimasto in corsa sino alla fine di luglio, e tra questi c'è l'ex speaker della Camera Nancy Pelosi, uno dei pesi massimi dell'Asinello, colei che dietro le quinte ha lavorato per obbligare il presidente uscente al passo indietro. E ora afferma che il suo ritiro tardivo e la mancanza di primarie hanno complicato la situazione alle urne. «Se il presidente fosse uscito prima ci sarebbero stati altri candidati in corsa, Kamala Harris avrebbe fatto bene e sarebbe stata più forte. Ma non è successo, e dobbiamo vivere con quello che è successo», ha spiegato in un'intervista al New York Times. «Visto che il presidente l'ha appoggiata immediatamente, questo ha reso impossibile avere delle primarie. Se fosse avvenuto molto prima, sarebbe stato diverso», ha aggiunto.
Biden, infatti, ha ufficializzato il suo appoggio alla vicepresidente solo un'ora dopo aver annunciato la fine della campagna per il secondo mandato, decisione presa al termine di settimane drammatiche di pressione da parte dei dem, guidata silenziosamente da Pelosi e altri big del partito. Il suo sostegno immediato a Harris, tuttavia, ha soffocato qualsiasi possibilità per altri sfidanti di entrare in gara.
Intanto prosegue la transizione verso la prossima amministrazione di Donald Trump: Biden riceverà il presidente eletto nello Studio Ovale della Casa Bianca mercoledì alle 17 italiane. I due si sono già sentiti al telefono, e il comandante in capo uscente ha promesso in un discorso alla Nazione un trasferimento di potere ordinato e pacifico. Mentre lo scontro politico è già iniziato tra il tycoon e i governatori democratici che guidano la resistenza anti-Trump. Il californiano Gavin Newsom, con il collega dell'Illinois J.B. Pritzker, ha alzato le barricate per «difendere i valori e i diritti fondamentali» dei suoi elettori e offrire una ripartenza alla base democratica. Con Casa Bianca e Senato fermamente in mano repubblicana, la Camera in bilico e una Corte Suprema già orientata a destra, i governatori dem di stati influenti rimangono l'ultima leva di potere del partito. «La nostra lotta per la libertà e le opportunità continua - ha assicurato Newsom - Intendiamo stare al fianco degli stati di tutto il paese per difendere la nostra Costituzione e sostenere lo stato di diritto. Qualunque cosa abbia in serbo l'amministrazione entrante, continueremo a controllare gli eccessi e a respingere gli abusi di potere».
Trump, da parte sua, ha già attaccato Newsom dopo che quest'ultimo ha convocato una sessione speciale del parlamento per rafforzare le difese legali dello stato contro di lui. «Il governatore Newscum (soprannome offensivo, scum significa feccia, ndr) sta cercando di uccidere la splendida California. Le persone sono costrette ad andarsene a causa delle sue, e di altri, decisioni politiche folli.
Stanno rendendo impossibile costruire un'auto a un prezzo ragionevole, la catastrofe dei senzatetto è fuori controllo e il costo di tutto, in particolare della spesa, è fuori controllo. Inoltre, come agente per gli Stati Uniti d'America sulle elezioni, chiederò che il documento d'identità e la prova di cittadinanza siano una parte necessaria e fondamentale del processo di voto».
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