
Un buco da 6,6 miliardi di euro. È quello che il Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell'Inps ha denunciato ieri con una delibera sul riaccertamento dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2023. Il saldo e stralcio delle cartelle contributive, frutto di diversi provvedimenti (di matrice leghista) approvati tra il 2018 e il 2022, porterà alla cancellazione di 16,4 miliardi di euro dai residui attivi (entrate accertate ma non riscosse; ndr) dell'Inps.
L'operazione, secondo quanto stimato dal Civ, comporterà un impatto negativo sul rendiconto generale 2024 dell'Inps per un valore di 13,7 miliardi, ma «non avrà ripercussioni sul patrimonio», in quanto le perdite saranno interamente coperte dal Fondo di svalutazione dei crediti. La delibera, però, mette in evidenza anche le conseguenze a lungo termine di questa pulizia di bilancio, in particolare sulle gestioni dei lavoratori dipendenti. La copertura del saldo e stralcio, infatti, avrà un effetto concreto sul fabbisogno finanziario dell'ente. L'Inps dovrà sostenere ulteriori oneri futuri per 6,6 miliardi di euro legati all'automatismo delle prestazioni per i lavoratori dipendenti. Ai contributi delle prestazioni pensionistiche (ancorché non versati) corrispondono, infatti, assegni in essere o posizioni previdenziali il cui montante è carente di quanto non corrisposto. Per gli autonomi i contributi non versati non danno diritto a prestazioni, e quindi l'eliminazione dei relativi crediti non produce effetti per l'istituo presieduto da Gabriele Fava. Per i dipendenti, invece, la mancata contribuzione da parte dell'azienda non interrompe il diritto alle prestazioni, generando un debito implicito.
Ecco perché il Civ ha chiesto al governo di «prevedere interventi compensativi a carico dello Stato». In particolare, secondo l'organismo, il ministero dell'Economia dovrebbe tener conto di questo ammanco in cui saranno determinati i trasferimenti dallo Stato all'Inps nelle prossime leggi di Bilancio. In pratica, si tratterebbe di «spalmare» le risorse con un piano pluriennale. Sei miliardi in un orizzonte più che decennale dovrebbero determinare un impatto modesto considerato che nel solo 2023 il Tesoro ha trasferito all'Inps la bellezza di 164 miliardi di euro. Sono fondi impiegati per coprire gli ammanchi delle gestioni in perdita ma soprattutto per finanziare prestazioni sociali di fondamentale importanza come l'assegno unico.
Resta un interrogativo. Cosa ha prodotto la maxisvalutazione? Dei 16,4 miliardi di euro cancellati, ben 15,4 miliardi derivano da tre specifici provvedimenti. Nel dettaglio 9,9 miliardi sono ascrivibili allo stralcio dei crediti fino a 1.000 euro maturati tra il 2000 e il 2015, previsto dalla legge di Bilancio 2023, mentre altri 5,4 miliardi provengono dallo stralcio dei crediti fino a 5.000 euro relativi al decennio 2000-2010 inseriti nel decreto Sostegni del marzo 2021. Infine, 400 milioni attengono allo stralcio dei crediti fino a 1.000 euro maturati tra il 2000 e il 2010, previsto dal decreto collegato alla manovra 2019.
Come si
vede si tratta di una montagna di cartelle di piccolo importo che hanno prodotto un effetto significativa. Una questione della quale non si potrà non tenere conto se e quando si decideranno altri provvedimenti di grazia.
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