Un percorso a ostacoli. Dalle tensioni (placate) con l'islam e l'ebraismo allo scandalo pedofilia fino al caso Vatileaks

Il malinteso sul discorso di Ratisbona causò le ire del mondo islamico. Poi Benedetto dovette gestire le polemiche relative agli abusi e ai problemi interni, la ferita più grande per il Pontefice tedesco

Un percorso a ostacoli. Dalle tensioni (placate) con l'islam e l'ebraismo allo scandalo pedofilia fino al caso Vatileaks

«Pregate per me, perché io non fugga davanti ai lupi». Aveva esordito così, durante la Messa solenne di inizio pontificato, perché sapeva quanto sarebbe stato duro reggere il peso di un papato che, per alcuni, avrebbe dovuto essere solo di transizione. Accuse, veleni, scandali internazionali: Benedetto XVI ha vissuto anni tormentati dalle polemiche attorno alle sue scelte e alle sue dichiarazioni. Ha sofferto molto, Joseph Ratzinger, insieme ai suoi più stretti collaboratori, per quell'etichetta di «Papa retrogrado» affibbiatagli da chi fingeva di non comprendere le sue aperture, come quelle sulla tutela del creato, sulla globalizzazione e sui poveri.

Il più imponente attacco era arrivato nel 2006, dopo la Lectio Magistralis di Ratzinger all'università di Ratisbona: una citazione «politicamente scorretta» dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo, sull'islam violento, fu estrapolata dal discorso e rilanciata dalle agenzie di stampa di tutto il mondo. Settimane infernali con proteste in piazza e richieste ufficiali di scuse al Vaticano da parte delle massime autorità islamiche, che si consideravano profondamente offese: «Il Papa non conosce l'islam». Benedetto fu costretto a esprimere il suo rammarico durante l'Angelus della domenica successiva, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone pensò a ricucire i rapporti, spiegando con una nota il senso di quelle parole, utilizzate soltanto per condannare la violenza nelle religioni.

Tre anni dopo, nel gennaio del 2009, la crisi col mondo ebraico: l'atto di riconciliazione con i lefebvriani, la fraternità che si oppone alle riforme conciliari, si trasformò in un boomerang. Benedetto aveva deciso di revocare la scomunica a quattro vescovi ordinati illecitamente, tra cui Richard Williamson, che due mesi e mezzo prima aveva rilasciato un'intervista con affermazioni negazioniste sulle camere a gas usate dai nazisti. La revoca della scomunica coincideva con i giorni della memoria sulla Shoah e l'intervista di Williamson venne rilanciata in tutto il pianeta. L'effetto fu devastante, il mondo ebraico incredulo per quanto accaduto, fu placato soltanto dai gesti e dalle parole inequivocabili di Benedetto XVI.

Ma dietro l'angolo c'era anche lo scandalo della pedofilia nella Chiesa, pronto a esplodere prepotentemente nei primi mesi del 2010. A fine 2009 era stato pubblicato un rapporto choc in Irlanda, ma la bomba sarebbe scoppiata nel febbraio successivo in Germania, nuovamente a Ratisbona, con il tentativo di coinvolgere nello scandalo anche il fratello del Papa, Georg. Un mese dopo toccò a Benedetto: accusato di aver coperto nel 1980 un prete pedofilo quando era Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

I titoli dei giornali non risparmiarono il pontificato e la Chiesa, con Ratzinger, che pur avendo incontrato varie vittime di abusi, finì nuovamente nel mirino nel 2010, con attacchi dagli Stati Uniti che riguardavano gli anni in cui era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede: secondo i suoi accusatori il futuro Papa tedesco avrebbe ritardato troppo un intervento contro due preti pedofili americani.

La ferita più grande per Benedetto XVI arrivò però nel 2012 con lo scandalo Vatileaks, la fuga di documenti, fotocopiati e rubati dal suo assistente di camera, Paolo Gabriele. Vicenda che porterà Ratzinger a istituire una commissione cardinalizia d'inchiesta per avere una fotografia della Curia Romana.

Era emerso, infatti, uno scenario drammatico: corruzione e lobby di potere annidate nel recinto di Pietro. L'ennesima ferita per l'allora 85enne Papa Ratzinger, che soltanto un anno dopo annuncerà al mondo le sue dimissioni, consapevole di non avere più le forze per guidare la barca di Pietro.

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