I beneficiari di ristrutturazioni con Superbonus potrebbero essere soggetti a un aumento a più lungo termine delle tasse sulla vendita della loro casa. Secondo l'ultima versione della manovra, le plusvalenze sulla vendita di immobili su cui siano stati effettuati interventi con il 110% conclusi da non più di 10 anni, infatti, non saranno considerati «redditi diversi». E quindi il 26% di tasse sarà calcolato sull'intera plusvalenza e non su quella «scontata» del costo della ristrutturazione. Su questa misura la novità, rispetto alle bozze precedenti della legge di bilancio, è che la stretta passa da 5 a 10 anni. Restano tuttavia esclusi gli immobili acquisiti per successione o adibiti a prima casa. Inoltre, nella determinazione del costo del bene, non si dovrà tenere conto per i primi cinque anni dai lavori di quanto sono costati gli interventi coperti dal 110% e per i quali si sia scelto lo sconto in fattura o la cessione del credito. Successivamente «nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50 per cento di tali spese, qualora si sia fruito dell'incentivo nella misura del 110 per cento con sconto o cessione».
Prevista per i Comuni usciti dal dissesto la facoltà di aumentare l'addizionale Irpef e la tassa d'imbarco (fino a 3 euro).
Non cambia invece la norma sugli affitti
brevi, con la cedolare secca che passerebbe quindi dal 21% al 26 per cento. La Confedilizia chiede uno stop. Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari però difende la misura definendola a tutela «di studenti e famiglie».
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