Più truppe Usa in Europa per contrastare Putin

La decisione del presidente americano Barack Obama di inviare in Siria «meno di 50» uomini delle Forze Speciali è stato un netto cambio di direzione per la sua Amministrazione. Niente «boots on the ground» nel conflitto in Siria, ha detto per mesi il leader degli Stati Uniti, che ha incentrato le sue due campagne elettorali sulla volontà di portare a casa da tutti i fronti aperti – Irak e Afghanistan quando correva per la Casa Bianca – le truppe americane. In realtà, il recente conflitto in Medio Oriente ha cambiato i propositi di Washington e se anche in Afghanistan i soldati statunitensi dovranno rimanere oltre il termine stabilito, ora i vertici del Pentagono pensano che più truppe possano «assolutamente» essere dispiegate nel Nord della Siria e propongono anche di rafforzare la presenza militare americana in Europa per controbilanciare potenziali spinte russe.

In Siria, ha spiegato in un'intervista all'emittente Abc il segretario alla Difesa Ashton Carter, gli Stati Uniti potrebbero inviare più soldati se l'Amministrazione fosse in grado di identificare altre «forze locali capaci» con cui collaborare nella lotta allo Stato islamico. E nei mesi passati, il reale problema non risolto dell'Amministrazione Obama è stato proprio quello di trovare movimenti ribelli moderati da addestrare e sostenere in funzione anti-Isis.

«Il presidente ha indicato la sua volontà a fare di più e io sono certamente pronto a raccomandare che sia fatto di più, ma occorrono forze locali capaci. È quella la chiave di una vittoria sostenibile», ha spiegato il responsabile alla Difesa, accennando quindi indirettamente alla difficoltà di individuare tali gruppi. Le sue parole arrivano una settimana dopo la svolta dell'Amministrazione, con l'annuncio dell'invio di uomini delle forze speciali in Siria, dove dal 2011 si combatte una guerra che ha fatto più di 250mila morti e che negli ultimi mesi è diventato un campo di battaglia di forze internazionali. Da settembre, infatti, la Russia porta a termine operazioni aeree in sostegno del regime di Bashar El Assad, contro diversi gruppi ribelli e anti-regime. I suoi uomini sono presenti nelle basi militari della regione costiera ancora sotto il controllo delle forze di Damasco. Benché su fronti diversi – gli Stati Uniti vogliono l'uscita di scena del rais siriano, Mosca appoggia una transizione in cui il presidente Assad sia presente – nelle ultime settimane assieme ad altri paesi direttamente o indirettamente coinvolti nel conflitto russi e americani negoziano al tavolo di Vienna sulle sorti della Siria. Tuttavia, tra i due Paesi la fiducia resta bassa. «Temo che mentre trattiamo con la Russia sulla Siria, non guardiamo più al Donbass», ha detto il generale Philip Breeedlove del U.S. European Command, riferendosi alla regione orientale dell'Ucraina dove dal 2014 è in corso un conflitto tra esercito di Kiev e forze filo-russe.

I leader del Pentagono nel week-end durante il Reagan Defense Forum, che riunisce annualmente i vertici militari americani, hanno proposto l'invio di un maggior numero di truppe in Europa – a rotazione – nel quadro di un dispiegamento di forze Nato nei paesi al confine con la Russia, preoccupati che Mosca possa ripetere altrove quanto avvenuto in Ucraina, con l'annessione della

Crimea. L'esercito americano ha oggi due brigate in Europa, ognuna composta da 3.500 soldati. Il capo di Stato Maggiore, generale Mark Mille, vorrebbe aggiungere altre unità, elicotteri d'attacco e brigate di artiglieria.

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