Nella passata legislatura, da viceministro dello Sviluppo economico, con la filiera automotive ci ha messo più volte la faccia. A lui, promotore del Tavolo specifico, è infatti toccato il compito di «front man» del Mise e, come tale, raccogliere istanze, timori e soprattutto lamentele, cercando allo stesso tempo di indirizzare le associazioni di categoria verso l'obiettivo comune di tutelare il settore e i relativi posti di lavoro.
Gilberto Pichetto, classe 1954, biellese, riconosciuto da tutti un «Berlusconiano doc» e neo ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, ha dovuto fare in particolare i conti con il complesso impatto sulle imprese di una transizione ecologica, così come impostata dalla Commissione Ue, molto sbilanciata sull'ideologia e con scarsa attenzione alla sostenibilità economica e sociale.
«Green» e sviluppo industriale non possono procedere disgiunti: non è stata dunque casuale la scelta di porre Pichetto alla guida del ministero che dovrà seguire due linee di azione: salvaguardare l'ambiente e ripensare rapidamente una strategia energetica che per il Paese si è rivelata disastrosa. Percorrere, in proposito e come lui stesso ha sottolineato, la linea pragmatica del suo predecessore Roberto Cingolani il quale, tra l'altro, aveva «spiazzato» chi (i «grillini») si era adoperato per la sua candidatura.
Laureato in Economia e Commercio a Torino, ex insegnante di ragioneria e già senatore, Pichetto nel governo Draghi ha seguito i dossier legati al settore automotive, al commercio e alle politiche industriali. Nel lasciare il suo ufficio al Mise, il neo ministro aveva voluto sottolineare come «in questi mesi il mio sostegno al cuore produttivo del Paese non è mai mancato». E, ieri, riferendosi al nuovo incarico: «Le linee programmatiche che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, illustrerà alle Camere nei prossimi giorni, rappresenteranno la bussola per il percorso che ci attende, nel solco di quanto fatto sinora, soprattutto in termini di energia, dal premier Draghi e dal ministro Cingolani». Quest'ultimo, tra l'altro, che si è sempre definito un tecnico prestato alla politica, si è detto pronto ad assicurare «qualunque aiuto da advisor per le materie che mi competono: sono totalmente a disposizione». Pichetto, dal canto suo, dalle prossime settimane dovrà incrociare il proprio lavoro con il suo ex capo al Mise, Giancarlo Giorgetti, nominato ministro dell'Economia; Adolfo Urso, a capo del dicastero dello Sviluppo economico; ma anche Matteo Salvini, preposto alle Infrastrutture e alla Mobilità sostenibili. Crisi energetica e obiettivo indipendenza da altri Paesi; imprese da tutelare e rilanciare; transizione ecologica legata all'automotive da rivedere alla luce delle tensioni geopolitiche, dei nuovi scenari e della sempre più pressante minaccia cinese: gli allarmi che l'ad di Stellantis, Carlos Tavares, ha lanciato dal Salone di Parigi («La decisione dogmatica dell'Ue di vendere solo auto elettriche nel 2035 ha conseguenze sociali ingestibili») parlano chiaro. Ripartenza degli ecobonus e pacchetto di 8,7 miliardi per il comparto sono tra i provvedimenti che Pichetto ha portato a termine.
«C'è bisogno di scelte equilibrate e compatibili con gli interessi
economici del secondo Paese manifatturiero d'Europa, ispirandosi ai principi della neutralità tecnologica e della sostenibilità industriale»: il mantra del neo ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica dice tutto.
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