Da locomotiva d'Europa a passeggero dei vagoni di coda. È questa la situazione dell'Italia dopo la pubblicazione della stima preliminare del Pil del secondo trimestre da parte dell'Istat. Il prodotto interno lordo da aprile a giugno si è contratto dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti (+0,6% su base annua). Il dato è peggiore delle stime degli analisti (+0,1%) e porta il Pil acquisito (cioè con crescita zero nel secondo semestre) a +0,8%, al di sotto del +1% stimato dal Def. Per il ministero dell'Economia, l'obiettivo resta «ancora pienamente alla portata».
Nel secondo trimestre l'Italia ha fatto peggio della Francia (+0,5%), della Spagna (+0,4%) e della Germania, rimasta ferma al palo, conseguendo una delle peggiori performance dell'area euro. Questa battuta d'arresto, inattesa nelle proporzioni, si deve un combinato disposto di fattori negativi. Il principale è la flessione del valore aggiunto dell'industria, accompagnato da quello dell'agricoltura, penalizzata dalle alluvioni. Male i consumi mentre l'export ha fornito un contributo nullo. Positivi i servizi, molto probabilmente trainati dal turismo.
La «crisi» del settore secondario non era inaspettata per Confindustria che, da tempo, avverte sul decadimento della produzione e degli indici di fiducia della manifattura. Se a questo si aggiungono le difficoltà di finanziamento per i tassi al rialzo e l'arretramento del comparto edile dovuto alla fine del Superbonus, il quadro diventa molto più chiaro. I risultati brillanti della Francia, infatti, sono dovuti proprio all'ottimo stato di forma delle imprese transalpine, mentre le difficoltà tedesche pian piano si stanno trasferendo anche al di qua delle Alpi visto il forte interscambio italiano con Berlino. I consumi languono dappertutto a causa della perdita di potere d'acquisto causata dal rialzo dei tassi deciso dalla Bce.
Il problema, tuttavia, è rappresentato dall'interpretazione di un dato che, occorre ricordarlo, è ancora provvisorio. Secondo Nomisma, la flessione non deve preoccupare, perché l'economia italiana è ancora «molto solida» e, soprattutto, «in molti comparti del Nord si sta raggiungendo la piena occupazione».Il capo economista Italia di Unicredit, Loredana Federico, ritiene che nel terzo trimestre si dovrebbe raggiungere una crescita moderata del Pil grazie ai servizi e a una ripresa delle costruzioni per effetto del Pnrr. Per questo motivo è stato confermato il +1% per il 2023 e il +0,9% per l'anno prossimo. Anche per l'Ufficio studi di Confcommercio un +1% di Pil può essere ancora raggiungibile «anche se non si può dare per scontato». Pessimista, invece, Confesercenti secondo cui la stima del Def potrebbe non essere centrata a causa della debolezza dei redditi e della lenta disinflazione. Per questo motivo la presidente Patrizia De Luise ha invocato politiche di sostegno della domanda.
Si tratta di un test fondamentale per le politiche del governo Meloni, reso ancor più difficile dalla stretta monetaria della Bce. L'esecutivo, infatti, ha deciso di limitare i trasferimenti correnti (come reddito e Superbonus) per privilegiare tagli di tasse (meno cuneo fiscale) e investimenti.
Le opzioni scelte hanno un maggior effetto moltiplicatore della crescita i cui effetti necessitano di tempo per essere visibili. La sfida di Giorgia Meloni sarà proprio questa: non cedere all'emotività del momento. Come seppe fare Margaret Thatcher.
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