Risalgono le tensioni tra Usa e Iran. A infiammare gli animi sono stati i tre razzi lanciati lunedì sera sull'aeroporto di Erbil, nel Kurdistan iracheno, uno dei quali ha colpito una base militare che ospita truppe straniere della coalizione anti-Isis a guida americana (in cui si trovano anche circa 300 militari italiani). Il bilancio dell'attacco, come ha confermato il portavoce della coalizione Wayne Marotto, è di un contractor ucciso e altri otto feriti, di cui quattro sono americani, oltre a un soldato americano anch'egli rimasto ferito. Marotto ha precisato che la vittima non è un cittadino Usa.
L'attacco è stato rivendicato da un gruppo che si fa chiamare «Awliyaa al-Dam», o «Guardiani del Sangue», come hanno riferito ai media funzionari della sicurezza statunitensi e iracheni, organizzazioni di facciata, a loro parere, che nascondono fazioni filo-iraniane. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha chiesto un'indagine sull'accaduto, e ha promesso di «chiederne conto ai responsabili». «Siamo indignati per l'attacco missilistico - ha precisato - Ho contattato il primo ministro del governo regionale del Kurdistan, Masrour Barzani, per discutere del fatto e per impegnarmi a sostenere tutti gli sforzi per indagare e chiedere conto ai responsabili». Mentre la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha sottolineato che Washington sta continuando a lavorare per accertare le responsabilità. L'Iran, da parte sua, ha «smentito con forza le indiscrezioni e i tentativi di attribuirgli gli attacchi contro una base degli Stati Uniti a Erbil», ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri, Saeed Khatibzadeh. «Teheran - ha aggiunto - ritiene che la stabilità e la sicurezza in Irak siano questioni essenziali per la regione ed esclude qualsiasi iniziativa che miri a danneggiare l'ordine e la calma nel Paese».
L'episodio, secondo Michael Knights, analista del Washington Institute for Near East Policy, è «un test per l'amministrazione di Joe Biden»: la portata dell'attacco è insolitamente grande, a suo parere, e probabilmente l'obiettivo era uccidere o mutilare contractor americani, militari, o i loro alleati curdi. Quel che è certo è che l'incidente ha infiammato tensioni già acuite dalle minacce delle milizie appoggiate dall'Iran su obiettivi americani in Iraq. D'altronde la Repubblica Islamica aveva chiarito che ci sarebbero state ulteriori reazioni dopo il raid che nel gennaio 2020 portò all'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, capo delle forze dei Pasdaran per le operazioni all'estero.
Rappresaglia innescata dopo la morte, alla fine del 2019, di un contractor americano in un attacco con dei razzi su una base irachena attribuito a milizie filo-iraniane. In seguito all'uccisione di Soleimani, Teheran ha lanciato raid missilistici contro le forze Usa alla base aerea di Ain al Assad, nella provincia irachena di Anbar, ferendo più di 100 soldati.
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