«Vogliono lo scalpo, lo scalpo, lo scalpo». Ieri sul suo giornale lei ha raccontato così l'attacco giudiziario a Silvio Berlusconi. E ha concluso: «basta con le belve». Belve è una parola forte, direttore, stiamo parlando di magistrati della Repubblica.
«L'ho scritto e lo rivendico - replica Piero Sansonetti, direttore del Riformista - perché so che è vero. Lì in mezzo, soprattutto tra i pubblici ministeri, ci sono delle belve. Gente che dà la caccia a Berlusconi con un unico obiettivo: prenderlo, vivo o morto. Dead or alive, come nel Far West».
Però lei non spiega il movente. Perché ce l'avrebbero tanto con il Cavaliere? Perché è partita la caccia all'uomo?
«Un movente è strettamente politico, è la necessità di tenere sottobotta costantemente il capo della componente liberale dello schieramento politico italiano per impedire che venga scalfito il potere incontrollato che dagli anni Settata la magistratura ha assunto in contrasto con lo stato di diritto e con la Costituzione. Per questo serve neutralizzare la componente liberale e garantista dello schieramento, far fuori il suo leader indiscusso».
E il secondo movente?
«Un movente più personale: il rancore, l'odio che una parte dei nostri magistrati prova per Silvio Berlusconi. E quando a un corpo dello Stato si dà il potere di annientare le persone senza che nessuno possa impedirglielo, a quel punto si dà campo aperto anche ai regolamenti di conti personali, alla voglia di vendetta».
Però l'altro giorno nell'aula del processo Ruby il pubblico ministero ha avuto parole umane, ha detto che Berlusconi è un vecchio e che ha diritto a una vecchiaia serena anche se ha commesso dei reati.
«Ma quali reati? Quello è un processo surreale, uno strascico del primo processo Ruby dove Berlusconi è stato assolto con formula piena, dove i pm hanno fatto una figuraccia colossale e insieme a loro i giornali che li hanno fiancheggiati. Ma non si arrendono, anzi adesso dicono che se i giudici hanno assolto Berlusconi è perché hanno creduto a dei testimoni falsi. In pratica danno dei cretini ai loro colleghi. E a me quelle frasi della pm tutto sembrano che umane, per me trasudano disprezzo, lei dice è un vecchio ed è normale che un vecchio stia male, noi lo processiamo lo stesso". Io mi auguro che quando questa pm diventerà vecchia imparerà il rispetto, me lo auguro ma ci credo poco».
Loro dicono: i reati vanno perseguiti.
«E certo! Ma mi devono spiegare perché Berlusconi nei trent'anni in cui si è limitato a fare l'imprenditore non ha ricevuto nemmeno una multa per sosta vietata, e quando è sceso in politica ha iniziato a diventare il bersaglio di decine di inchieste per i reati più infamanti. Intere Procure non hanno fatto altro che dargli la caccia. Eppure alla fine l'unica striminzita condanna che sono riusciti a rifilargli è stata per una presunta evasione fiscale da due milioni, un granello di sabbia sui miliardi di tasse che paga Fininvest, e peraltro quando lui da tempo non era più in azienda perché faceva il presidente del Consiglio».
Lei nell'articolo di ieri se la prende con «il famoso giudice Esposito». Ma l'assegnazione del processo a Esposito fu possibile solo grazie a connivenze nel cuore della Cassazione. Quando c'è di mezzo Berlusconi i giudici smettono di litigare tra di loro?
«Io non vedo una corrente della magistratura in grado di opporsi alla persecuzione di Berlusconi. Probabilmente ci sono moltissimi magistrati che vedono come me questa degenerazione del partito dei pm ma nessuno ha la capacità di alzare la voce, di dire basta. Luca Palamara c'è stato trascinato per i capelli e alla fine ha raccontato delle cose agghiaccianti, e cosa gli è successo? È stato isolato e cacciato con ignominia, proprio per avere raccontato cosa si nasconde nei sotterranei fangosi del partito dei pm».
Lo strapotere dei pm non è colpa anche della politica che rinuncia a difendere i suoi spazi? Che alla fine è succube, subalterna, intimidita?
«Certo, e io non ho mai capito quanto ciò dipenda da incapacità, da debolezza culturale, da convinzioni ideologiche ottocentesche. Alla fine però credo che si tratti semplicemente di vigliaccheria, davanti al potere di vita e di morte dei pm molti parlamentari tremano di paura. Però i tempi sono maturi perché il Partito democratico si liberi da queste catene ed esca dalla sacca che in cui si è cacciato, prigioniero dei 5 Stelle, del partito dei pm e della persecuzione a Berlusconi: sì, perché in fondo anche il Pd è una vittima di quella persecuzione, che gli ha impedito di provare davvero a vincere la sfida con il Cavaliere. Per uscire dalla sacca il Pd ha oggi davanti una occasione gigantesca».
Quale?
«Candidi Berlusconi alla presidenza della Repubblica. Sarebbe una mossa geniale, che metterebbe in difficoltà anche la destra e metterebbe a capo dello Stato una delle personalità più prestigiose della politica di questi anni.
Portando Berlusconi al Quirinale il Pd aprirebbe la stagione in cui la politica riprende il primato che le spetta sulla magistratura. E consentirebbe a Draghi di restare a Palazzo Chigi. O preferiscono che ci vada Salvini?».
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