Così Fedez e la Ferragni "influenzano" la politica

Ormai i Ferragnez fanno politica a colpi di Instagram, il contrario della democrazia diretta, ma ironia della sorte sono stati "chiamati" in politica da Giuseppe Conte, l'attuale leader del Movimento 5 Stelle

Così Fedez e la Ferragni "influenzano" la politica

È un fiume in piena ormai. Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ha preso per qualche ragione sul personale la causa del Ddl Zan e un giorno sì e l'altro pure si avventura in invettive politiche a colpi di social.

È il testimonial principe di un nuovo paradigma della comunicazione, quello di sollevare l'attenzione di centinaia di migliaia, in alcuni casi milioni, di persone su tematiche di carattere etico o politico per influenzare l'agenda parlamentare. Fedez e consorte, l'imprenditrice e influencer Chiara Ferragni, da soli mettono insieme qualcosa come 35.6 milioni di follower ben distribuiti tra Italia ed estero. Ma, schioccando le dita e scatenando hype, riescono a coinvolgere altre superstar del web nelle loro battaglie, come Elodie, Francesca Michielin, Levante etc.

L'ultimo acuto di Fedez, ultimamente sempre meno canoro e sempre più da leader di folle, riguarda la riconferma del vitalizio a Roberto Formigoni. Scottato dalla mancata calendarizzazione del Ddl Zan, come "comandava" via social, Fedez ieri ha postato l'ennesima story contro il senatore Simone Pillon: "Vi ricordate qualche settimane fa il senatore Pillon che diceva che il Senato aveva un sacco di priorità? Avete letto la priorità di oggi? Confermato il vitalizio al Celeste, ovvero a Formigoni. Gli hanno ridato il vitalizio di settemila euro. Cazzo, queste sono priorità. Complimenti, buonanotte ai senatori".

Posto che due, forse tre dei milioni di follower a cui parlano i Ferragnez conoscano davvero per cosa stia l'appellativo Celeste, o chi sia Formigoni, o i dettagli della sua vicenda giudiziaria, si tratta di un nuovo, pericolosissimo modo di fare populismo 2.0. Qualcosa che certamente proviene da lontano, ossia dal jet-set statunitense che da anni utilizza il web per sostenere posizioni politiche progressiste, idolatrare esponenti politici come Alexandria Ocasio-Cortez o Kamala Harris, rendere "cool" delle tematiche purché filtrate col proprio occhio. Ah, e soprattutto attaccare Donald Trump. Ora che l'elezione di Joe Biden ha dato la sensazione che rispetto al 2016 le posizioni di popstar, grandi sportivi, divi di Hollywood e influencer vari abbiano davvero spostato l'ago della bilancia, Fedez e Chiara Ferragni non si sono lasciati sfuggire l'occasione di rilanciare l'esperimento anche in Italia, e di diventare i capostipiti di quella "politica influencing" che rischia di rappresentare il futuro, specie man mano che riuscirà a coinvolgere i più giovani.

Lorenzo Pregliasco, 34 anni, analista politico, cofondatore di YouTrend, professore a contratto anche all'Alma Mater, ha spiegato in una recente intervista a Repubblica: "Gli influencer, così come le aziende attraverso l'attivismo dei brand, riempiono un vuoto della politica. Insomma, non è più solo la politica ad occuparsi di politica".

Ovviamente, non per forza in chiave positiva. Se la politica assume la forma di Netflix, vuol dire che non sarà più politica, ma show. Un grande spettacolo che premierà i cantori del politicamente corretto, poiché solo grazie ad esso Fedez E Chiara Ferragni hanno la possibilità di essere idolatrati, chiacchierati, portati come esempio da un sistema che li apprezza proprio per il "conformismo" delle loro posizioni alla narrazione dominante.

Paradossale che in molti casi si tratta degli stessi schieramenti politici e intellettuali che predicano il trionfo del meritevole, del buono e del giusto. Ma che Fedez debba spiegare i passaggi parlamentari per il voto sul Ddl Zan è un esempio di merito? Ne ha i titoli? Ne ha il background? No, è un mero gioco delle parti, che oggi fa comodo e viene utilizzato come strumento. Domani potrebbe sfuggire al controllo e rendere non più i politici riconoscibili come tali, bensì gli influencer riconoscibili come politici. È l'esatto opposto della democrazia diretta teorizzata da Gianroberto Casaleggio e dal Movimento 5 Stelle della prima ora. Anzi, è una sorta di nuova oligarchia politica che utilizza il numero di follower come strumento di moral suasion.

Anche in questo c'è qualcosa di comico, poiché ad "iniziare" Chiara Ferragni e Fedez alla militanza è stato Giuseppe Conte, lo scorso autunno, al momento della reintroduzione delle restrizioni anti-Covid. Quello stesso Conte, all'epoca Presidente del Consiglio, oggi è il leader del M5S, che sognava gli operai, i disoccupati, le casalinghe e in generale le persone comuni a dettare l'agenda dei propri esponenti politici e ora invece mitizza due fenomeni del web che dicono ai propri ignari seguaci cosa fare. E loro lo fanno.

È successo anche lo scorso 3 aprile, giusto per fare un esempio, quando il Presidente della Commissione Giustizia in Senato, il leghista Andrea Ostellari, si è visto il profilo Instagram subissato di commenti lasciati da centinaia di adolescenti con scritto "Calendarizzate la Legge Zan". Non hanno fatto altro che copiare e incollare quanto scritto da Chiara Ferragni in una delle sue stories. Zero approfondimento. Zero confronto. Zero dibattito. Un bacino d'utenza sterminato di followers ai quali i Ferragnez dicono di voler "aprire gli occhi" usandoli in realtà come un gigantesco megafono per le proprie istanze. Giuste o sbagliate che siano conta poco. Perché spesso le cause specifiche vengono utilizzate come invettive nei confronti di qualcuno. Di norma, leghista. Proprio all'inizio del mese, infatti, Chiara Ferragni denunciò su Instagram il caso della nonna di Fedez, che sarebbe stata vaccinata a loro dire solo dopo che la coppia aveva sollevato il caso via social, e dicendo: "Scoraggiante vedere quello che accade, la vaccinazione è un diritto di tutti". Un modo come un altro per denunciare le inefficienze della Regione Lombardia e del suo Governatore, il leghista Fontana. Ats, in piena pandemia e con ben altri problemi a cui dover porre rimedio, ha dovuto replicare in tutta fretta: "Nessun operatore ha chiesto alla signora se fosse la nonna di Fedez".

È un grande revival di quanto accadde in occasione del referendum per il divorzio nel 1974, quando il comitato per il No ebbe l'idea di assoldare come testimonial dei personaggi noti come Gianni Morandi, Nino Manfredi e Gigi Proietti per sostenere sul piccolo schermo le ragioni del fronte divorzista. Ma stavolta gli influencer hanno il potere di mettersi in proprio. Ideare delle istanze da zero. Superare partiti, comitati, soggetti civici che fanno davvero formazione e militanza. Bipartisan. Addirittura, possono fare cartello, coalizzarsi utilizzando uno strumento che non ha altri padroni se non loro. Non devono leggere un copione, non devono rispettare tempi televisivi, non devono chiedere spazi o obbedire alla par condicio.

Possono contare, persino, su un alleato in più: la

censura. Facebook, che è pure proprietario di Instagram, non li silenzierà mai finché diffonderanno il Verbo progressista. Cosa che invece fa e continuerà a fare con gli sponsor di segno opposto. Ubi Fedez, minor cessat.

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