Tre incendi in 48 ore. Tutti contro obiettivi strategici legati agli ambienti della Difesa militare russa. E ora è sempre più difficile pensare a «semplici coincidenze». Anche se l'«ipotesi attentato», al momento, non trova conferma. Eppure più di qualche analista sospetta che i due roghi dell'altroieri (l'istituto di ricerca a Tver e l'impianto di solventi a Dmitrievsky) e quello di ieri a uno stabilimento di impiantistica aerospaziale a Korolyov siano la conseguenza di un cyber-attacco in grande stile; hacker in grado di sabotare centraline elettriche, interferire nei pannelli di comando, provocando short circuit mirati; una moderna frontiera della tecno-war che implementa la guerra tradizionale dei bombardamenti.
In tutti e tre gli episodi le fiamme sono divampate improvvise e senza un'apparente causa scatenante. Il fuoco è partito dal nulla. O meglio dal «solito» corto circuito. Naturale o «pilotato»? Il tutto a poche ore di distanza dal lancio «di prova» del missile intercontinentale Sarmat col quale Putin ha lanciato l'ennesimo messaggio inquietante al mondo. E il tris di incendi alle porte di Mosca contro altrettanti edifici «bellici» potrebbe rappresentare una risposta all'operazione-Sarmat di Putin.
Un Putin, apparentemente, vittima della sua stessa disinformatia: termine creato per «descrivere la sistematica deformazione della realtà attuata ai tempi dell'Unione Sovietica». Un sistema di manipolazione dei media per ingannare l'opinione pubblica (interna ed esterna) che però a volte può rivelarsi un insospettabile boomerang. La storia della notizia, pubblicata due giorni fa «per sbaglio» su un sito russo e poi subito cancellata, relativa ai «20 mila soldati morti finora in Ucraina», ne è la prova più lampante.
Ma cos'è successo esattamente? Un «report riservato» sulle vittime russe è stato, per errore, rilanciato dal notiziario- web Readovka, una delle tante testate che fanno da eco alla propaganda del Cremlino. Peccato che, in questo caso, la news sui «20 mila militari morti» non fosse stata autorizzata dal Minculpop putiniano che, anzi, l'aveva catalogata addirittura «Top secret» e come tale assolutamente «non divulgabile». E invece, almeno per qualche ora, tutto il mondo ha potuto leggere la verità che lo zar Vlad cerca di tenere nascosta: «Nell' operazione speciale in Ucraina sono morti 13 mila soldati e altri 7 mila risultano dispersi». Un bilancio di perdite enorme, tanto pesante da ridimensionare fortemente l'immagine «invincibile» dell'armata russa. Nessun dubbio sulla reale entità della cifra, considerato che la stima è il frutto di un'analisi eseguita sul campo proprio dal ministero della Difesa di Mosca. Un rapporto che una «manina» ha allungato a un giornalista del sito Readovka che poi lo ha messo in rete facendo uno scoop che non è piaciuto affatto al Cremlino. Immediato infatti è giunto l'ordine di eliminare il «lancio» che era stato impreziosito anche dalla dicitura «Esclusivo». Ma nel mondo dell'informazione online nulla si elimina davvero perché basta qualche minuto per avviare un effetto-domino inarrestabile anche per i potenti mezzi dell'intelligence putiniana. E così la frase-chiave del report è diventata globale: «Dall'inizio del conflitto 13.414 soldati russi sono stati uccisi e altri 7.000 sono dispersi». Altro che «le poche centinaia» di cui ha finora sempre parlato il Cremlino. Intanto i è fatta cruenta da parte di Putin la caccia ai responsabili della disfatta dell'incrociatore russo «Moskva», la nave ammiraglia affondata «con ignominia» da missili ucraini Neptun qualche giorno fa a 25 km davanti a Odessa. Un colpo durissimo alla credibilità dell'esercito di Mosca. Inevitabile che giungesse il giorno del redde rationem. Con Putin in persone che si è occupato di regolare i conti con l'ammiraglio Igor Osipov, comandante della flotta del Cremlino nel Mar Nero. Risultato: Osipo è stato rimosso dall'incarico e arrestato.
I russi stanno conducendo sopralluoghi nel punto dell'affondamento della nave e sarebbe sotto inchiesta anche il vice ammiraglio Arkady Romanov (attuale vice comandante della flotta del Mar Nero) che per ora ha assunto la guida della flotta nell'area. Lo Zar è stato chiaro: «Non saranno ammessi ulteriori errori».
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