Il premier Giorgia Meloni non si è agitata quando Riccardo Magi, leader di +Europa, ha inscenato una protesta durante il convegno contro le droghe che si è svolto ieri a Montecitorio. Mentre il presidente del Consiglio interveniva, il delfino di Emma Bonino si è alzato in piedi mostrando un cartello: «Cannabis: se non ci pensa lo Stato, ci pensa la mafia». Il tutto condito da qualche schiamazzo emesso pure dagli altri parlamentari boniniani tra i presenti. Anche questa circostanza, come altre in passato, è stata gestita dal presidente del Consiglio con la forza delle motivazioni. E di una visione del mondo non disposta a indietreggiare. «Non mi faccio intimidire», ha premesso la Meloni. «Avete organizzato per anni convegni che nessuno si è mai permesso di bloccare», ha proseguito. Da quel lato di campo, a sinistra, sono abituati a un mantra ossessivo sulle droghe: liberalizzazione. E nessuna altra linea plausibile. Ma il centrodestra non la vede così, e la leader dell'esecutivo lo ha rivendicato. «Dovete accettare che c'è un altro governo eletto dagli italiani per fare esattamente quello che stiamo facendo», ha scandito il capo del governo.
Paolo Borsellino, per dire, non pensava affatto che le liberalizzazioni servissero a scardinare il potere delle mafie sulle droghe, anzi. Neppure la Giornata dedicata alla lotta contro gli stupefacenti, però, ha placato la furia ideologica di chi vorrebbe la cannabis libera, e non solo. Per il premier, come ribadito durante la conferenza, è «finita la stagione dell'indifferenza e del disinteresse, il messaggio che vogliamo lanciare è che lo Stato intende fare la sua parte per combattere un fenomeno che è fuori controllo». Per la leader di Fdi, il passato è stato contraddistinto da «indifferenza» sul tema delle dipendenze. Con le luci della ribalta accese solo in prossimità di qualche «tragedia». Ma ora lo spartito è cambiato e anche Magi e i suoi dovranno farsene una ragione. Anche se per i progressisti si tratterà sempre di «banalità proibizioniste», il governo di Fdi, Fi e Lega ha adottato e adotterà una linea dura. Il premier ha insistito. C'è un certo orientamento culturale che non va. Perché è «come se considerassimo la droga alla stregua di una calamità inevitabile, ma è un atteggiamento ipocrita». E ancora: «Quello che accade continuamente non è inevitabile, né imprevedibile». L'inerzia non è più ammessa, così come il permissivismo. L'attacco della leader di Fdi si è fatto più vibrante: «Tutta la narrazione va in una stessa direzione: serie televisive, documentari, film. Il messaggio è che la droga è anticonformista, va bene, non fa male. Ci sono serie che raccontano le gesta di uno spacciatore come fosse un eroe». E avanti con la difesa di Vincenzo Muccioli, fondatore della Comunità San Patrignano, attaccato invece a mezzo documentario da una nota piattaforma di streaming. Un elemento che il presidente del Consiglio ha voluto notare. Basterebbe citare qualche serie televisiva per avvalorare la tesi della rieletta presidente dell'Ecr: Gomorra, Suburra, Breaking Bad. Poi le reazioni.
Se per il viceministro alla Giustizia Delmastro, la questione non può essere affrontata, come d'altro canto fatto dall'opposizione, con «l'antiproibizionismo da bar», sempre Riccardo Magi ha continuato con la sua visione delle cose, parlando di una «kermesse» - quella della maggioranza - centrata sui «luoghi comuni» e sulle «fake news».
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