Insomma, il gran giorno è arrivato, lunedì il Conte due cancellerà, forse, chissà, il Conte uno. «I decreti sicurezza saranno portati al Consiglio dei ministri fissato per il 5 sera», annuncia il premier durante una visita in una scuola in provincia di Caserta. «Il nostro obbiettivo - sostiene - è quello della protezione dei cittadini italiani e dei migranti». Via dunque il vecchio ordinamento contro gli sbarchi facili voluto da Salvini, sotto con l'accordo di coalizione raggiunto già a luglio e messo in frigo per le resistenze grilline, a quanto pare sempre più deboli. Se la maggioranza è diversa, Giuseppe Conte è lo stesso presidente del Consiglio dell'altra volta, quello che ha firmato i provvedimenti. Poco importa. «Io non ho cambiato idea».
È cambiato il quadro politico, soprattutto dopo le Regionali che hanno segnato una netta sconfitta del M5s. Pd, Iv, Sinistra Italiana stanno vincendo un braccio di ferro lungo un anno e mezzo. «A me - dice ancora Conte - non stanno a cuore gli slogan, porti aperti o porti chiusi, ma la sicurezza di tutti. Pure dei migranti, ai quali dobbiamo riconoscere i diritti fondamentali». Nessuna inversione a U. «Noi facciamo salvataggi in mare, ma al tempo stesso dobbiamo garantire la sicurezza de nostra connazionali. Quando si adotta un provvedimento, c'è un periodo di sperimentazione e, in fase attuativa, si possono riscontrare le necessità di fare degli ulteriori interventi».
Una svolta politica, che infatti fa infuriare Salvini - «Vogliono smontare la legge, glielo impediremo» - ma che il premier cerca di depotenziare, derubricandola a questione tecnica. Alla base c'è senz'altro una richiesta di Sergio Mattarella: il Quirinale aveva sollevato dubbi di natura costituzionale su alcune parti del decreto. «Dovevamo seguire le indicazioni del presidente - spiega Conte -. In più era uno dei punti programmatici della nascita di questo governo». Una cambiale che il Pd finora non è mai riuscito ad incassare per la formidabile capacità di svicolare del capo dell'esecutivo. Rimanda oggi, rinvia domani, riaggiorna la discussione dopodomani. A Palazzo Chigi, che si regge su due partiti dalla linea opposta, funziona così. Invece di mediare, di fare la sintesi, si prende tempo. Infatti oggi il governo è ingolfato. Quota cento, riforma fiscale, autostrade, progetti per ottenere i 209 miliardi del Recovery Fund: zero decisioni.
Ora, forse, chissà, si farà chiarezza sull'immigrazione. Nei giorni scorsi Nicola Zingaretti, più saldo nel partito dopo le elezioni, ha ripreso ad alzare la voce. «Bisogna rispettare gli accordi. Per noi la modifica dei decreti sicurezza e un punto irrinunciabile». Lunedì i capi delegazione avevano pure fissato la data per cambiare il testo, il 5 appunto. Tra le novità, un allargamento dei permessi e lo stop alle multe e alla confisca delle navi. Però poi i Cinque Stelle si sono di nuovo irrigiditi, dichiarandosi contrari all'introduzione della protezione umanitaria dei migranti, che per il Nazareno è «una questione dirimente».
Anche Di Maio ha provato a fare il vago, un po' come Conte. «C'è una discussione politica in corso sulla modifica, dialogando troveremo una soluzione».
Perplesso Vito Crimi: «Importante che non si veicoli nei paesi del Nord Africa un segnale sbagliato, che non pensino che in Italia ci sono i confini aperti». I grillini in crisi di identità non vogliono lasciare campo aperto a Lega e FdI, perciò resistono. Conte rimanderà ancora?
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