Il premierato di Giorgia Meloni approda alla Camera dei deputati, dopo il primo bellicoso round al Senato, e si mette in moto il partito del dialogo.
Una nutrita e trasversale schiera di politici, intellettuali, costituzionalisti di area liberale, da destra e da sinistra, che partono da un presupposto comune: il nostro sistema istituzionale è inceppato, «la sua riforma è assolutamente necessaria, e nei decenni tutti lo hanno riconosciuto», ricorda l'ex membro del governo Renzi, Enrico Morando. Il premierato non è il demonio, «non è né di destra né di sinistra: è una possibile risposta alla crisi della democrazia, denunciata in questi giorni sia da Mattarella che dal Papa», dice l'ex Ds (nonché relatore della famosa Bicamerale dalemiana) Cesare Salvi. «A patto che non sia un pasticcio». L'invito a maggioranza e opposizioni è di «abbandonare la logica della sfida all'Ok Corral», e collaborare. Perché «finché perdura questa contrapposizione estremista», chiosa Michele Salvati, padre nobile del Pd delle origini, «la necessaria modernizzazione della Costituzione non potrà esserci».
Le critiche al ddl del governo sono severe quanto quelle ai «niet» ideologici del centrosinistra. «Per come è scritto ora - nota l'esperto Peppino Calderisi, ex parlamentare radicale e di Fi - è inapplicabile e a rischio di incostituzionalità: va sciolto il nodo del sistema elettorale, finora del tutto bypassato, delle potenziali diverse maggioranze tra Camera e Senato, e del voto estero». Una sorta di «Comma 22», chiosa il costituzionalista dem Stefano Ceccanti: «È lo stesso ddl a prevedere l'inapplicabilità del premierato finché non sia definita una legge elettorale tale da escludere profili di incostituzionalità». Un «Comma 22» da cui non si esce, nota il capogruppo di Iv Enrico Borghi, anche perché «la maggioranza è divisa: «Fdi è aperta al doppio turno, Fi e Lega no».
«Basta barricate ridicole, cerchiamo di non perdere l'ultima occasione di riforma», dice Gaetano Quagliariello. Lo «stallo» degli opposti estremismi va sbloccato, è il succo dell'appello presentato ieri: «Non si esce dal declino senza un governo stabile e efficace», quindi stop alla «contrapposizione stucchevole e strumentale», in cui la destra «propone oggi quel che ha rifiutato ieri», e la sinistra «respinge sdegnosamente quel che in sostanza aveva proposto ieri». Certo, nota l'economista Natale D'Amico, «il centrosinistra cerca una rivincita tattica: non riesce a stare insieme su nulla, prova a farlo sul No a Meloni. Ma in ballo c'è il futuro del paese». Per l'ex senatrice dem Claudia Mancina «è assurdo che il Pd si metta così di traverso proprio mentre plaude ai risultati elettorali in Gran Bretagna, dove c'è un premierato talmente forte da non aver neppure bisogno di elezione diretta».
Mancina non trattiene l'ironia sulla bizzarra analogia fatta l'altro giorno da Elly Schlein tra «premierato» e «patriarcato», uniti dalla «logica del più forte». «Premierato patriarcale? Spero sia una fake news: la società italiana non è più patriarcale, sarebbe ora che le donne riconoscessero le proprie conquiste. E comunque il premierato c'entra come i cavoli a merenda».
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