A tredici anni dalla notte peggiore delle ferrovie italiane, e dopo dodici anni di inchieste e di processi, Mauro Moretti decide di dire stop. L'ex amministratore delegato di Trenitalia, che nel febbraio 2019 aveva annunciato ufficialmente di rinunciare alla prescrizione dell'accusa di omicidio colposo plurimo, ieri nell'aula del nuovo processo d'appello cambia linea. Rispondendo alla domanda dei giudici dice semplicemente: «non rinuncio». E subito dopo esce dall'aula, inseguito dalle urla di sdegno dei familiari delle vittime, che alla fine se la prendono anche con il legale di fiducia, Ambra Giovene. Come se Moretti non avesse esercitato un suo diritto. E, soprattutto, come se la decisione di ieri aprisse la strada alla assoluzione piena, come se la strage di Viareggio fosse destinata ora a restare una strage impunita.
In realtà non è affatto così, per il semplice motivo che Moretti non è imputato solo di omicidio colposo ma anche di un reato decisamente più grave, disastro ferroviario: pena massima quindici anni, e prescrizione di diciotto e otto mesi. La giustizia ha tempo fino al 2028 per dire finalmente l'ultima parola che i parenti delle trentadue vittime aspettano dalla notte della strage. Per stabilire di chi fu la colpa dell'asse spezzato del treno merci tedesco che mandò i vagoni carichi di Gpl a esplodere e incendiarsi a ridosso delle case.
Moretti è sotto accusa sia come ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato sia di Rfi, la società che gestisce la rete. Insieme a lui ci sono altri quindici imputati, tutti dirigenti di grado più o meno alto delle ferrovie italiane e di Gatz Rail, l'azienda tedesca che aveva affittato i vagoni a Fs. Ma è stato soprattutto lui, Moretti, a incarnare in questi anni per i comitati dei familiari il principale colpevole di una strage figlia dell'incuria: al punto che i parenti delle vittime lo cacciarono da una festa dell'Unità urlando «vergogna, assassino».
Nel processo che si è aperto ieri a Firenze l'imputazione di omicidio colposo plurimo verrà comunque affrontata, perché sia Moretti che i suoi coimputati (che alla prescrizione non hanno mai rinunciato) puntano ad essere assolti con formula piena. Ma si tratterrà più che altro di una battaglia di principio: che l'omicidio colposo sia comunque prescritto non con c'è dubbio, dopo che la Cassazione ha escluso - con la sentenza che nel gennaio 2021 ha ordinato un nuovo processo - l'aggravante della violazione della legge contro gli infortuni sul lavoro, che avrebbe allungato i tempi a disposizione. Lo scontro vero sarà sul reato ancora in piedi, il disastro ferroviario.
Il tema sarà: fino a che punto della scala gerarchica è doveroso risalire nella catena delle responsabilità? La sentenza di primo grado aveva stabilito che Moretti dovesse rispondere come ex numero uno di Rfi ma non di Fs, quella d'appello lo condannò per entrambi i ruoli, in Cassazione
la pubblica accusa ha fatto presente che al momento della strage Moretti non era più in Rfi da anni. Caos. Ma il vero problema è un processo durato tredici anni: solo per le indagini preliminari, ne servirono più di tre.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.