Sia Giuseppe Conte sia Elly Schlein, dopo la sconfitta del «campo largo» in Liguria, devono vedersela con le pressioni che arrivano dall'interno dei rispettivi partiti. Un forcing che spinge il M5s fuori dal centrosinistra e il Pd ad abbracciare l'ex Terzo Polo, a partire da Matteo Renzi. Uno schema che, se si realizzasse, rappresenterebbe una sconfitta per entrambi leader, che avevano puntato sull'asse giallorosso. Tra i dem non si contano le analisi della sconfitta. Tra le file dei parlamentari riformisti prende piede l'idea di lasciare i pentastellati al proprio destino. «Conte ha dimostrato di non essere utile per vincere sul territorio e sogna ancora la leadership dei progressisti con l'obiettivo di tornare a Palazzo Chigi», riflette a taccuini chiusi un esponente del Pd che non ha appoggiato la segretaria all'ultimo congresso. E si fa risentire anche l'ex avversario di Schlein per la guida del Nazareno.
Il solitamente cauto Stefano Bonaccini, giovedì dalle colonne del Corriere della Sera, ha ammonito: «Bisogna parlare anche ai moderati». Più esplicito il deputato Piero De Luca, figlio di quel Vincenzo che sta sfidando Schlein per un terzo mandato alla Regione Campania: «È sbagliato il veto su Renzi». Il correntone dei riformisti parla a Conte perché la leader intenda. Il punto d'arrivo è uno schieramento con il Pd a fare da perno, Renzi e Carlo Calenda a coprire il centro e Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli a presidiare l'area a sinistra dei dem. Per fare leva sulla segretaria, gli anti-M5s agitano lo spettro di un Conte pronto a sfruttare Avs per contendere alla leader del Nazareno il ruolo di capo del centrosinistra in un ipotetico scenario di primarie di coalizione prima delle prossime elezioni politiche.
Intanto, anche nella sinistra dem, c'è chi spinge Schlein a scegliere tra Conte e Renzi. Andrea Orlando, sconfitto da Bucci in Liguria, lancia l'allarme sul caos del campo largo. «Qui abbiamo pagato il problema che si ripropone per tutti i candidati di centrosinistra: l'incertezza nello schema di gioco», spiega Orlando in un'intervista all'edizione genovese de La Repubblica. Lo stesso ex ministro che è indeciso se candidarsi a sindaco di Genova, sedere in consiglio regionale oppure restare alla Camera. «Bisogna fermare questo film, i problemi non si risolvono da soli», ha comunque spiegato Orlando, in uno sfogo telefonico, ai suoi uomini in Liguria.
Dall'altro lato del campo largo ci sono i pentastellati litigiosi. Beppe Grillo punzecchia ancora Conte in un post sul Blog. «Anche persone che pensiamo siano vere sono false», scrive in un post-scriptum al suo ultimo messaggio criptico, dal titolo «certe idee sono false ma dovrebbero essere vere». Nel frattempo, l'avvocato riflette sui consigli di Marco Travaglio. Il direttore del Fatto Quotidiano sostiene Conte ma lo vuole autonomo dal Pd, così da riconquistare i consensi perduti tra i grillini duri e puri. A Via di Campo Marzio, sede del M5s, lo stato maggiore vaglia l'ipotesi di allontanarsi dall'abbraccio con Schlein, almeno fino alle soglie delle prossime elezioni politiche.
E se la Liguria può aver seppellito il campo largo, di certo non ha archiviato le contorsioni concettuali per ammorbidire la sconfitta della sinistra. L'ultimo esempio è un sondaggio di Termometro Politico. Sulla Liguria, il 30% del campione, alla domanda su quale sia il dato più importante di queste regionali, risponde che «il dato più importante è l'astensione record.
Quando votano così in pochi ha poco senso parlare di vincitori e vinti». Il 27% certifica, invece, la vittoria del centrodestra. Ma, come con le ultime elezioni politiche, l'astensione diventa un paravento dietro cui nascondere i flop.
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