Era già tutto previsto. L'Emilia-Romagna asciuga lacrime, case e strade, oltre mille volontari della Protezione civile (moltissimi dalla Lombardia) sono al lavoro, la conta dei danni da Cesenatico fino a Parma è altissima - specie nell'agricoltura - mai come il prezzo della vita di un ragazzo di 20 anni, Simone Farinelli, morto a Pianoro travolto dalla piena del fiume Zena. Gli sfollati solo a Bologna sono 2.100, 3mila in tutta la Regione. Colpa degli oltre 175 millimetri di pioggia caduta su Bologna e provincia, il doppio rispetto all'alluvione di maggio, acqua che di solito cade in due mesi», si difende il sindaco Matteo Lepore (di cui Fdi chiede le dimissioni).
Tutto vero ma tutto già scritto. In un report del 2020 che il Giornale ha potuto consultare dal titolo «Aggiornamento e revisione del Piano di Gestione del rischio di alluvione», redatto ai sensi dell'articolo 7 del dlgs 49/2010, l'Emilia-Romagna era stata «avvertita»: fino al 2027 il rischio di nuove alluvioni era altissimo, erano state fatte le valutazioni preliminari per il nuovo piano di gestione dissesto idrogeologico, con tanto di cartine geografiche con Bologna e altre città interamente sott'acqua, erano previste circa un migliaio di azioni «preventive» da compiere per non arrivare impreparati all'evento climatico, tra cui «la progettazione per il finanziamento e l'attuazione degli interventi di adeguamento del sistema difensivo esistente, tenuto conto della proposta di piano nazionale contro il rischio idrogeologico» o «la definizione dei criteri di risarcimento». Ma, lo dicono le tabelle di monitoraggio delle azioni, ne sono state completate solo 168, quasi tutte per «insufficienza/mancanza di risorse economiche e/o umane».
«L'Italia è un territorio fragile e serve un salto di qualità sulla prevenzione del dissesto idrogeologico», ha tuonato ieri la leader Pd Elly Schlein. Peccato che da vicepresidente dell'Emilia-Romagna avesse lei la delega sul Patto per il clima definito da lei stessa «un grande piano contro il dissesto idrogeologico per dare lavoro nella cura del territorio, perché la prevenzione costa meno dell'emergenza». Come giustificare però l'inerzia della macchina regionale dal 2020 al 2022? Ambiente, difesa del suolo e della costa e Protezione civile sono le deleghe assunte nello stesso periodo da Irene Priolo, oggi vicepresidente, che ieri ha chiesto lo stato d'emergenza e «un Piano Marshall» per il suo territorio. «La sinistra ha sempre fatto lezioni a chiunque in materia di tutela del territorio e di contrasto alle emergenze climatiche ma come ha certificato la Corte dei conti, la regione Emilia-Romagna ha usato solo il 10% delle risorse a disposizione per gli interventi sui bacini fluviali.
Il restante 90% è rimasto inutilizzato», dice il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, beccandosi le accuse di sciacallaggio («teppista mediatico» o definisce Stefano Vaccari del Pd, «specula sulle disgrazie», dice la senatrice Iv Silvia Fregolent). Ma sono i freddi numeri ad affondare il modello Emilia-Romagna, a un pugno di giorni dal voto.
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