Le prigioni sono strapiene (di stranieri). La Danimarca affitta 300 celle in Kosovo

In soli sei anni i detenuti sono cresciuti del 19%. Così il governo pagherà 600 milioni di euro per piazzare altrove quelli espulsi

Le prigioni sono strapiene (di stranieri). La Danimarca affitta 300 celle in Kosovo

«Cerco carceri in affitto, pago bene». Danmarks Radio, emittente danese tra le più seguite, ci sta persino scherzando sopra con una serie di spot trasmessi all'interno del palinsesto giornaliero. L'idea partorita dal ministro della Giustizia Nick Haekkerup, e appoggiata in modo trasversale da buona parte del Parlamento, genera ironia, ma fa anche discutere. A dire il vero è stata la stessa radio ad aver lanciato la notizia, rimbalzata poi sui principali quotidiani scandinavi. La Danimarca è vicina a stringere un accordo con le autorità del Kosovo per l'affitto di un'intera prigione, con celle per almeno 300 prigionieri.

Quanto sta accadendo fa parte di una collaborazione andata a buon fine tra il governo, alcuni partiti d'opposizione, in rappresentanza di entrambe le ali del parlamento, e il servizio carcerario e di libertà vigilata danese. Si prevede che le case di pena soffriranno un disavanzo di circa un migliaio di posti entro il 2025 e l'accordo è progettato per risolvere il problema di sovraffollamento. Secondo i dati forniti dal governo, all'inizio di quest'anno è stata raggiunta e superata la capacità massima del sistema danese, con oltre 4mila detenuti su una popolazione nazionale di circa 6 milioni di abitanti. Dal 2015 la popolazione carceraria è aumentata del 19%, mentre il numero delle forze dell'ordine che lavorano nei penitenziari è diminuito del 18%. L'accordo prevede lo stanziamento di 4 miliardi di corone danesi (600 milioni di euro) per le nuove misure, che, oltre alla prigione del Kosovo, includono strutture simili in Danimarca e misure per ridurre il tasso di detenzione nel Paese.

I reclusi interessati al trasferimento sono tutti migranti, e sarebbero comunque stati espulsi dalla Danimarca una volta scontata la propria condanna. Le attuali disposizioni normative prevedono infatti che i migranti incarcerati vengano espulsi dal territorio nazionale al termine della loro permanenza in prigione. L'anno scorso, ad esempio, i detenuti che aspettarono il trasferimento furono 350.

Il ministro della Giustizia, Nick Haekkerup, ha ottenuto un appoggio trasversale dalle forze politiche e ha definito storica la riforma, ammettendo tuttavia che «si tratta del primo passo in una lunga e dura lotta per riequilibrare il sistema. Non sarà sempre così, perché parallelamente avvieremo la costruzione di un nuovo carcere di massima sicurezza».

Non si tratta comunque del primo esperimento nell'area scandinava. La Norvegia negli scorsi anni aveva firmato un documento, molto criticato, per l'affitto di posti carcerari nei Paesi Bassi. Esperimento che ha avuto la durata di un paio di anni. Giusto il tempo di dar vita a opere di ammodernamento nei penitenziari di Olso e Bergen.

L'Alleanza Rosso-Verde, principale gruppo di opposizione, è apparso invece scettico e ritiene che l'esecutivo abbia scelto di fare del servizio penitenziario e di libertà vigilata danese una questione di politica sull'immigrazione.

«Semplicemente non credo che dovremmo istituire 300 celle all'estero - spiega la portavoce Rosa Lund - ci sono altri modi di gran lunga migliori per risolvere i problemi di capacità. Inoltre, sarà molto difficile tenere d'occhio i diritti umani dei prigionieri, storicamente violati nelle carceri di Pristina».

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