Primo giorno di lockdown. Ma non c'è il deserto della scorsa primavera.

Milano. "C'è meno passaggio di ieri e della settimana scorsa. Ma nulla a che vedere con la primavera": lo storico edicolante della metro di Cordusio, in pieno centro a Milano, fa una sintesi chiara del primo giorno di lockdown parte seconda.

Primo giorno di lockdown. Ma non c'è il deserto della scorsa primavera.

Milano. «C'è meno passaggio di ieri e della settimana scorsa. Ma nulla a che vedere con la primavera»: lo storico edicolante della metro di Cordusio, in pieno centro a Milano, fa una sintesi chiara del primo giorno di lockdown parte seconda. La gente per le strade, soprattutto in quelle centrali, è di certo diminuita ma non c'è nemmeno lontanamente l'atmosfera spettrale di marzo. Almeno di giorno. Perché Milano, città in piena «zona rossa» come Torino, è chiusa a metà questa volta. La movida, quella sì, è spenta. Molte attività però sono rimaste aperte e di conseguenza le persone escono di casa per raggiungerle, per lavorare o per portare i figli a scuola (fino alla prima media).

In due zone della prima periferie ai due capi della metropoli, Farini e Corvetto, in mattinata c'è vita. Gente per strada che va e viene, le auto sono più o meno quelle di sempre, i mezzi pubblici (non siamo all'ora di punta) sono per metà pieni. Vale per i tram, dove sono ricomparsi gli adesivi sui sedili per segnalare che la capienza può arrivare al massimo al 50 per cento, per l'autobus 90, che percorre la circonvallazione, e per la metro Gialla, dove non sono ancora tornati gli adesivi a bordo ma dove poco prima delle ore 10 ci sono gli stessi passeggeri di giovedì alla stessa ora. Non mancano neppure i capannelli all'angolo. Qualcuno ha in tasca l'autocertificazione, ma da queste parti non si vedono controlli.

D'altra parte uffici e studi sono aperti, come molti negozi: uno su quattro nelle vie meno centrali. Non hanno dovuto sospendere l'attività fiorai, cartolerie, ferramenta, carrozzerie, profumerie, tabaccherie, ottici, negozi di elettronica, di bici, librerie... Molti ristoranti etnici e pizzerie hanno le sedie rigirate sui tavoli, però sono operativi per l'asporto. Qualche artigiano tra i non autorizzati ha la serranda a metà e i clienti entrano per ritirare dopo aver avvertito per telefono.

Il centro è dove il nuovo corso si nota di più. Spiccano bar, ristoranti e negozi di abbigliamento «puri»: sono il grosso delle chiusure. E in serata la polizia locale non aveva riscontrato alcuna violazione dei divieti. La pausa pranzo, il secondo rito più popolare in città dopo l'aperitivo, è mutata totalmente. Gli impiegati che non possono affollare i tavolini - e la giornata tiepida lo permetterebbe - prendono un panino o un'insalata al piccolo supermercato o al locale che si è organizzato per l'asporto e vanno al parco. Gli esercizi si dividono a metà tra chi ha dovuto desolatamente lasciare giù la serranda e chi prova a tener duro con il take away. «Entri pure, c'è il caffè da asporto», invita uno dei quattro clienti appena usciti dal bar della metro di Duomo. In piazza ci sono più piccioni che persone, un poliziotto spiega a due turisti orientali i motivi per cui è permesso uscire di casa. In via Torino e corso Vittorio Emanuele c'è poca gente, qualcuno passa in bici o monopattino. Ci sono anche le forze dell'ordine, ma a nessuno viene chiesto il motivo dell'uscita. Anche se il Dpcm dice che è «vietato» ogni spostamento, se non per necessità, pure nel proprio Comune. È vero comunque che sono molti i posti aperti dove andare.

I grandi magazzini, le grosse catene di intimo, le pasticcerie hanno le luci e la musica accese e le vetrine addobbate, si può entrare a comprare seppur con paletti e limitazioni su alcuni prodotti delimitati da nastri bianchi e rossi. Le commesse sono al lavoro per sistemare gli scaffali o per dare informazioni sui numerosi modi di acquistare sul web. Così è scongiurato l'effetto desolazione di marzo. Al quartiere Isola, meno centrale ma molto vivace, i commercianti ce la mettono tutta. «Passate anche solo per un saluto», esorta sui social la giovane titolare del localino con fiori e caffè. «Noi ci siamo, la vostra colazione (da portare via) è salva», fa eco la pasticceria a conduzione familiare dietro l'angolo. Non si incontrano solo sorrisi sulle soglie, certo: «La gente è confusa, non ha capito chi di noi lavora e chi no e quindi non passa», spiega un barista. Però ci si ingegna, con tenacia.

Lo scorso weekend cinque locali si sono messi insieme e hanno lanciato il «Brunch di quartiere», è andato molto bene. Questo fine settimana non si può replicare? Loro si stanno già organizzando per virare sulla versione take away.

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