Bye bye Marcello: la prima tranche di nomine del nuovo governo fa rotolare una testa - assai azzimata - selezionata da quella fucina di talenti che fu il governo Conte.
Il Consiglio dei ministri di ieri sera ha confermato le attese: Marcello Minenna (amico personale di Beppe Grillo, che andava a trovare a domicilio facendosi fotografare tutto ridente) non verrà prorogato - come sperava - alla guida dell'Agenzia delle Dogane. A differenza del direttore delle Agenzie delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, e di quella del Demanio Alessandra Del Verme, che invece vengono riconfermati. A posto di Minenna arriva Roberto Alesse, già presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi.
Intanto, il governo Meloni arriva alla quinta richiesta di fiducia in poco più di due mesi, battendo provvisoriamente il record (ai suoi tempi contestato dal partito della premier) dei predecessori. Oggi, verso l'ora di pranzo, la Camera voterà la fiducia posta sul decreto Aiuti quater, contestato da una parte delle opposizioni (5S e, a ruota, il Pd) per il freno imposto al truffe del Superbonus 110% e per le norme che danno via libera alle concessioni di coltivazioni di gas entro le 12 miglia marine. Nell'altro ramo del Parlamento è ancora in commissione (e assai probabile candidato alla fiducia) un altro provvedimento omnibus, il consueto Milleproroghe. Che rischia di creare un problema non da poco alla premier Meloni: l'emendamento Gasparri (quindi proveniente dalla maggioranza) che chiede di rinviare ancora una volta, fino al 2025, la messa a gara delle concessioni balneari. Un regalo ad una lobby agguerrita, che da sempre si oppone all'introduzione di criteri di mercato anche nel nostro paese (l'unico in Europa dove vige questo sistema, che finora ha garantito il monopolio dei litorali, a bassissimo costo, da parte di pochi concessionari). Ma anche una mina esplosiva sul percorso del Pnrr, che prevede la piena attuazione delle regole di concorrenza previste dalla direttiva Bolkenstein e fatte approvare dal premier Draghi, stabilendo che a fine 2023 le concessioni balneari sarebbero finalmente andate a gara. Rinnegare questa scelta rischia di costare salatissimo all'Italia, e di spezzare il circolo virtuoso della realizzazione del Pnrr. Per aggirare il pericolo, Meloni può farsi forte della sentenza del Consiglio di Stato, che ha bocciato senza appello il tentativo del governo Conte di blindare i balneari fino al 2030, e che getta le basi per dichiarare illegittima anche una proroga di durata inferiore, come quella prevista dall'emendamento.
Il Cdm di ieri sera, oltre a archiviare Minenna e ad affrontare l'emergenza carburante, ha anche varato due decreti. Il primo, e più atteso, congela fino a fine aprile la batosta da 2,2 milardi a carico delle aziende produttrici di dispositivi medici (dalle più sofisticate macchine per la diagnostica alle semplici garze), che minacciavano di scendere in piazza contro una misura che «metterebbe in ginocchio il settore». Nei prossimi mesi verranno poi riscritte le regole del meccanismo (inserito col decreto Aiuti bis) che colpisce indistintamente i produttori, imponendo alle imprese di ripianare la metà del debito contratto dalle Regioni col superamento dei tetti di spesa per acquisire il materiale sanitario. L'intervento con decreto, spiegano fonti di governo, è obbligato dalla «straordinaria necessità e urgenza» di intervenire su «un filone di contenzioso di rilievo significativo per le numerose aziende fornitrici».
Con la clausola che, se in primavera la prossima Def individuerà le potenziali risorse, si interverrà per diluire l'impatto economico. L'altro decreto aumenta le risorse da destinare agli interventi di protezione civile, connessi agli eventi calamitosi degli anni 2019 e 2020, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale.
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