Uccisioni mirate, rapimenti di civili, inclusi giornalisti e amministratori locali, stupri, saccheggi. Questa non è la narrazione unica di Zelensky, che tanto irrita molti cervelli nostrani, ma il catalogo delle disumanità raccolte nel rapporto dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Un rapporto in cui si accusa la Russia di aver violato i diritti umani e il diritto internazionale nel corso della sua aggressione militare all'Ucraina. Il documento si riferisce soprattutto a Mariupol, città del sud est dove è in corso la sanguinosa battaglia finale, ed era già quasi chiuso quando il mondo ha scoperto gli orrori di Bucha. Su questa dolorosa scena del crimine è arrivato intanto per acquisire delle prove il Procuratore capo della corte penale internazionale. Tre le ipotesi di accusa, crimini di guerra, crimini contro l'umanità, genocidio, parola nuovamente usata da Biden, sempre più avanguardia dell'inconscio della sua diplomazia.
Non siamo alla verità assoluta, ma a passi formali che ci aiutano a uscire da questa terribile dialettica che sembra aver tarantolato la nostra informazione. Appena si crea un flusso di opinione anche basato sul buon senso, subito qualcuno va controcorrente, qualche volta per il doveroso esercizio del dubbio e per sentire le ragioni dell'Altro, molto più spesso per narcisismo e visibilità. Navigare in senso contrario rende, editorialmente, politicamente, commercialmente. Sul piano morale, la discussione sugli orrori di questo conflitto, soprattutto a danno dei civili, è riprovevole. Sul piano filosofico bisogna rileggere il carteggio tra Freud e Einstein dopo la sanguinaria prima guerra mondiale: in certi contesti il Thanatos che è nell'uomo emerge travolgente e im-punito, per questo è difficile il lavoro dei Tribunali internazionali che condannano gli sconfitti della Storia, non i Mostri in flagranza. Sul piano teorico ho già scritto su questo giornale del superamento moderno di McLuhan, il medium spesso non è più il messaggio.
L'immagine nel sistema Fake ha perso la sua oggettività, ma tante immagini di tante fonti diverse e con tanti racconti ci portano a un flusso di notizie che è a un passo dalla verità. Quella sì, almeno noi giornalisti, la dobbiamo a quelle povere vittime innocenti.
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