C'era una volta un uomo che non sorrideva mai, e non stiamo parlando di Buster Keaton che un secolo fa costruì la sua fama di star del cinema muto proprio sul volto impassibile che cozzava con le situazioni comiche in cui era coinvolto. L'uomo che non sorrideva mai semplicemente non poteva farlo, perché quando nacque, ormai trentacinque anni fa, subì un trauma durante il parto e da allora ha dovuto convivere con un deficit del nervo facciale sinistro che gli impediva di muovere metà del viso.
Mezza vita senza poter mostrare le sue emozioni, mezza vita passata dietro a una maschera che non si era mai scelto. Una patologia irreversibile. O quasi. Perché nel frattempo la medicina ha fatto passi da gigante e oggi questo problema si può risolvere chirurgicamente: ci sono pochissimi ospedali che effettuano questo tipo di intervento e uno è il «Ca' Foncello» di Treviso, dove l'equipe della Chirurgia Plastica e Ricostruttiva guidata dal dottor Giorgio Berna ha operato l'uomo che non sorrideva mai regalandogli un futuro di normalità.
«Al paziente - ha spiegato il primario - è stato prelevato un muscolo della coscia ed è stato trasferito con tecnica microchirurgica ai vasi del volto, a un nervo precedente prelevato dalla gamba e portato a ponte sopra il labbro per condurre l'impulso nervoso dalla parte sana destra alla parte malata». Otto ore di intervento, cinque chirurghi all'opera con l'aiuto di anestetisti e infermieri. E alla fine la magia: quando l'uomo che non sorrideva mai si è svegliato il muscolo ha iniziato a contrarsi, e per la prima volta nella sua vita ha potuto mostrare la sua felicità ai parenti.
Iniziare, come nel suo caso, o «Tornare a sorridere». Un sogno per chi è affetto da deficit del nervo facciale ma anche il nome di un gruppo di mutuo aiuto che proprio a Treviso si è costituito per sensibilizzare l'opinione pubblica divulgando le conoscenze su questo tipo di patologia, nonché sostenere le persone che ne sono affette. Le quali, oltre che con le conseguenze psicologiche sulla loro vita di relazione, devono fare i conti anche con difficoltà più basiche come quelle legate al bere o al mangiare.
Diceva Charlie Chaplin che un giorno senza sorriso è un giorno perso.
Proviamo a immaginare come possano essere dodicimila giorni trascorsi nella prigione dell'impassibilità, ma è una vertigine difficile da penetrare. L'uomo che non sorrideva mai adesso ha una vita nuova di zecca in cui provare a rifarsi.
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