La privacy? Solo se fa comodo

Di cosa parliamo quando parliamo di privacy? Privacy. Nome comune di cosa che ci interessa soltanto a volte. Solo quando ci fa comodo.

La privacy? Solo se fa comodo

Di cosa parliamo quando parliamo di privacy?

Privacy. Nome comune di cosa che ci interessa soltanto a volte. Solo quando ci fa comodo. Solo da qualche anno. Solo se c'è da incrociare le armi in una battaglia ideologica.

Non prendiamoci per il buco della serratura, ragazzi. Se un No-Vax, un Ni-Vax, un Boh-Vax, un Sì-Vax-Ma-No-Green pass va in farmacia e acquista un'aspirina, fornisce volentieri a chi glielo chiede la tessera sanitaria per scaricare dal 730 quel pugno di euro. Se va a giocare a bowling e deve prendere in prestito quelle ridicole scarpe multicolori che sembrano quelle di Pippo, l'annoiato addetto gli chiede la carta d'identità come garanzia e il diretto interessato non fa questioni, un progetto di strike vale molto di più dei dati sensibili contenuti in quel cartoncino. Se va da Zara e acquista un jeans superskinny e paga con la carta di credito, la gentile commessa gli chiede di comprovare la sua identità per confrontarla con il titolare della carta stessa e lui non fa una piega (che sui jeans effettivamente non sta bene). Se va in hotel, il concierge gli manifesta con eleganza la necessità di esibire un documento. Perché così si fa, che diamine. Lo stesso al check in dell'aeroporto quando si va in vacanza, in biblioteca per noleggiare in libro, in banca se l'impiegato non lo conosce, davanti a scuola se deve andare a prendere il nipote (hai visto mai che Ughetto lo porta via uno sconosciuto?), al deposito bagagli della stazione se vuole ritirare il proprio trolley. Che le cronache ricordino nessuno ha mai opposto obiezioni in merito alla riservatezza di queste operazioni, che rientrano nella filiera di procedure classificabili nella categoria: dimmi chi sei, e ti dirò che cosa posso fare per te.

Eppure i No-Vax, Ni-Vax eccetera oggi, nell'epoca procellosa che viviamo, impugnano la privacy come un'arma. Ogni mattino fanno sapere al mondo che cosa mangiano per colazione e quanti chilometri fanno a bordo delle proprie scarpe da jogging, fanno gli auguri a mammà rivelando incautamente la data di nascita dell'augusta genitrice (dato sensibile!), rivelano le proprie appartenenze in materia gastronomica, musicale, cinematografica, calcistica, politica, religiosa, sessuale, i progressi scolastici dei propri figli, senza che il principio di riservatezza li sfiori come d'inverno un brivido di freddo.

Ecco di cosa parliamo quando parliamo di privacy: di una cosa di cui vogliamo disporre á la carte, come al ristorante. Con la differenza che lì almeno si paga il conto.

In questa faccenda da cui dipende il nostro futuro, invece, il conto lo facciamo pagare a qualcun altro. Come accade a Napoli con il caffè sospeso. Ma la responsabilità non è una cosa sospesa, che possiamo delegare alla generosità e alla comprensione altrui. Uffa.

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