«Nulla smuoverà le persone che credono ci voglia Trump alla Casa Bianca». Nemmeno il giudizio di colpevolezza per 34 reati che fa dell'ex presidente il primo degli Stati Uniti condannato penalmente e candidato alla guida del Paese nonostante la condanna. Ne è convinto Mike Pompeo, per due anni e mezzo segretario di Stato americano proprio durante la presidenza del leader dei Repubblicani. «Penso che Trump alla fine vincerà. Non credo che i suoi processi potranno avere un impatto sul voto», ha spiegato ieri durante un'intervista con il vicedirettore de Il Giornale, Nicola Porro, in occasione dell'evento per i 50 anni del quotidiano. «Credo che, anche all'interno del Partito repubblicano, chi non apprezza Trump lo voterà comunque, perché l'alternativa Joe Biden è considerata peggiore». L'ex capo della diplomazia statunitense è convinto che il tycoon tornerà alla Casa Bianca nonostante l'economia americana - come ha ricordato Porro - vada a gonfie vele. «Con Biden l'economia è andata bene per i suoi amici, non per le persone che decideranno le elezioni. È andata bene per JP Morgan e Amazon, non per chi deve aprire un mutuo con tassi di interesse a oltre il 6 per cento, per chi prende una casa in affitto, per quei cittadini americani che si sentono materialmente più poveri di quattro anni fa». A proposito di sicurezza, Pompeo ha affrontato la questione immigrazione, ricordando come anche le grandi città americane, quasi tutte amministrate dalla sinistra Dem, stiano subendo le conseguenze di un flusso «fuori controllo» e come invece Trump abbia affrontato il problema con tre mosse decisive durante la sua amministrazione. La prima: ha costruito pezzi di muro al confine con il Messico. La seconda: ha fatto capire al governo messicano che lo avrebbe considerato responsabile, chiedendo aiuto, ma avvertendolo di eventuali conseguenze e costi se quell'aiuto non fosse arrivato. Terza e ultima mossa: Trump ha preteso che gli aspiranti immigrati negli States restassero nel nord del Messico in attesa che la loro domanda di ingresso venisse valutata. Una decisione che ha rappresentato un deterrente per molti migranti. Sugli equilibri internazionali futuri, mentre il Medio Oriente sta vivendo un'altra guerra sanguinosa e il rischio di un conflitto regionale allargato, Pompeo è certo che, in caso di rielezione, la linea del leader dei Repubblicani sarà chiara. E per metterla giù in maniera semplice, alla maniera di Trump, l'ha spiegata così: «Iran cattivo, Israele buono, i Paesi del Golfo con noi, come con gli Accordi di Abramo». «Quei Paesi - ha chiarito Pompeo - sanno che la minaccia viene da Teheran, che vuole prendere il controllo dell'intera regione e dalla quale li proteggiamo. Bisogna restaurare il modello di deterrenza, riprendere le nazioni dell'area mediorientale sotto l'influenza occidentale».
Ma l'Iran non è l'unico cattivo protagonista sulla scena internazionale, ammette Pompeo. «L'altro è la Cina». Per dimostrare di che pasta è fatto il suo presidente, Xi Jinping, l'ex segretario di Stato americano cita il caso Covid e l'Italia: «Quando ha saputo che il virus di Wuhan si era diffuso, la sua scelta è stata di mettere le persone sugli aerei e venire a Milano. Ciò è malvagio, cattivo e diabolico». Dopodiché, «abbiamo molti scambi commerciali con loro e possiedono un sacco dei nostri tesori. Ma bisogna considerare che stanno cercando di distruggere il nostro modo di vivere e dobbiamo respingerli». Infine una considerazione sulla cultura woke, sul politically correct che - sottolinea Nicola Porro - in Italia permea università, giornali e tanti settori della società. «Anche negli Stati Uniti va male - ammette Pompeo - È pericoloso quando non promuovi qualcuno per il merito, ma lo fai per la razza o per il genere, come sta accadendo ora anche nell'esercito americano.
Dobbiamo tornare alle eccellenze, non alle quote». Quanto al suo futuro, Pompeo non sa ancora se Donald Trump lo richiamerà in un'eventuale Amministrazione repubblicana, se vincerà a novembre. «Non importa, l'importante è che lui abbia successo».
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