"Per progettare borse e reggiseni lavorano anche ingegneri aerospaziali"

L'ad Ginaluigi Cimmino: "Siamo uniti alla famiglia Carlino da lunga amicizia e ottima reputazione"

Gianluigi Cimmino
Gianluigi Cimmino
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Due mondi e due famiglie che s'incontrano ai piedi del Vesuvio e in 24 anni costruiscono un Gruppo che dà lavoro a circa 2.500 persone e nel 2023 è felicemente tornato al fatturato pre pandemico: 300 milioni di Euro. Stiamo parlando di Carpisa e Yamamay che rappresentano sia il mondo degli articoli da viaggio sia quello dell'intimo e del beachwear, ma anche delle famiglie Carlino e Cimmino che insieme controllano Pianoforte Holding di cui fanno parte i due marchi. Per tutti parla Gianluigi Cimmino amministratore delegato del Gruppo insieme con Maurizio Carlino.

Come mai avete organizzato una grande festa a Capri con tanto di concerto privato di Peppino Di Capri e del rapper Geolier?

«Abbiamo appena aperto le boutique Yamamay e Carpisa alla Canzone del Mare, un luogo-simbolo della Dolce Vita caprese. Qui Emilio Pucci ebbe il suo primo negozio, quando ancora la sua griffe era Emilio di Capri».

A parte le vacanze che cosa hanno in comune le valige con l'abbigliamento intimo e da mare?

«A prima vista poco o niente ma poi scopri che per fare un buon reggiseno ci vogliono studi e costruzioni ingegneristiche e non parliamo di quel che serve per fabbricare delle valige come si deve. Nel nostro centro ricerca e sviluppo di Nola abbiamo avuto anche cinque ingegneri tra cui uno specializzato in ingegneria aerospaziale. Non a caso abbiamo un'infinità di brevetti e alcuni dei nostri prodotti sono assicurati per 10 anni: fai prima a stufarti del colore della valigia che non a romperla».

Perché le ruote sono assicurate solo per due anni?

«Perché è davvero il massimo che puoi garantire. Tenga conto che le nostre in molti casi sono staccabili per aggirare le poliziesche regole sulla misura dei bagagli nei voli low cost. E poi mi creda, i nostri trolley vengono testati su un tapis roulant più accidentato di un percorso da motocross, fanno anche 300 giri in un'enorme lavatrice da cui cascano sul cemento armato e solo se resistono a tutto questo vengono messi in commercio».

Avete cominciato prima con Carpisa o Yamamay?

«È successo in concomitanza. Mio padre era come me agente di commercio in borse e articoli di pelletteria per cui pensare alle valige era naturale, ma a me venne anche in mente il mondo della lingerie forse perché sono sempre stato un grande ammiratore della bellezza femminile. Era un rischio colossale, nessuno ne sapeva niente e io meno degli altri: avevo appena 30 anni. Eppure mi han dato retta e Yamamay durante gli anni bui della pandemia è stato un faro nella notte».

Cosa vi unisce alla famiglia Carlino?

«Un bel legame d'amicizia. Le nostre famiglie si conoscevano da sempre e hanno sempre avuto in comune una cosa che a Napoli conta enormemente: la reputazione. Abbiamo gli stessi principi etici per cui non è stato difficile prendere insieme certe decisioni per esempio sulla tracciabilità dei prodotti».

Avete anche dei bilanci di sostenibilità perfetti e questo non è poco dovendo usare tessuti tecnici per Yamamay e molta plastica per Carpisa...

«Visto che siamo tanti (due fratelli Cimmino e quattro Carlino nrd) ognuno di noi si è specializzato in qualcosa. Mia sorella Barbara è diventata una dei massimi esperti al mondo sul tessile sostenibile, è nel board di Euratex e di SMI (Sistema Moda Italia) oltre che vicepresidente di Confindustria con delega all'export».

Come mai avete scelto come simbolo delle vostre valige la tartaruga?

«Dopo un anno di lavoro insieme ho fatto una gita in barca a Ventotene con Maurizio Carlino. Al ritorno abbiamo salvato una tartaruga che aveva ingoiato un amo, l'abbiamo portata alla stazione zoologica Dohrn che è un'eccellenza di Napoli.

La battezzammo Carpisa e da allora sosteniamo i progetti di salvaguardia delle tartarughe nel Mediterraneo, ne ospitiamo una coppia con i loro piccoli nel giardino d'inverno dell'azienda e ci siamo ispirati al disegno del loro carapace per il guscio delle nostre valige Go Tech».

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