Un tetto «dinamico» ai prezzi del gas. È questa la proposta informale che l'Italia, insieme a Grecia, Belgio e Polonia, ha messo sul tavolo del Consiglio europeo di Praga. La discussione del dossier energia entrerà nel vivo oggi, ma già ieri il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto modo di presentare la proposta elaborata, tra gli altri, dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
Di cosa si tratta nello specifico? Il progetto è «agganciare» i prezzi del gas a un valore massimo e stabilire un intervallo di fluttuazione, ad esempio il 5%, per dare il via libera agli acquisti. Il valore soglia sarebbe individuato rispetto alle quotazioni di mercati ritenuti «più stabili» rispetto a quello di Amsterdam il cui indice Ttf sconta una forte volatilità dovuta all'esiguità sostanziale degli scambi. Il documento fornisce una serie di parametri tra i quali il Consiglio Ue dovrebbe scegliere, formalizzando la proposta alla Commissione Ue. Nella fattispecie si tratta dell' indice del greggio Brent del Mare del Nord, di una media ponderata fra i due principali indici del gas naturale liquefatto (Jkm dell'Estremo Oriente e l'Henry Hub degli Usa) e la Borsa di Londra del Brent.
Questo price cap dinamico, che si applicherebbe a tutto il gas acquistato in Europa (e non soloa quello finalizzato alla produzione di elettricità come prevedeva l'ipotesi di Ursula von der Leyen), dovrebbe valere o per il Ttf di Amsterdamo per alcuni mercati di rilievo (il francese Peg, l'italiano Psv, il belga Zee) oppure tutte le transazioni europee.
Secondo le indiscrezioni, i 15 Paesi europei favorevoli alla fissazione di un price cap, Francia e Spagna inclusi, sosterrebbero il non paper (si chiama così perché non è un documento con una valenza formale, ma una proposta per una discussione) che reca la firma di Cingolani. Germania e Olanda, come nelle previsioni della vigilia, si trovano dall'altra parte della barricata anche se non hanno frapposto un veto preventivo.
Ci sono, però, due ostacoli non di poco conto. Il non paper parte da una posizione critica rispetto a quanto evidenziato nella lettera della presidente della Commissione. Il tetto dinamico, infatti, dovrebbe applicarsi a tutto il gas, non solo a quello proveniente dalla Russia e nemmeno limitatamente a quello utilizzato per la produzione di energia elettrica. Limitare il tetto al metano di Mosca avrebbe un impatto limitato, idem se si considera l'elettricità. In entrambi i casi ci si attesterebbe al 35-40% con un impatto minimo delle dinamiche sui prezzi. Il secondo ostacolo è nella proposta stessa. Per venire incontro alle resistenze della Germania, che già stima una recessione nel 2023 e senza gas rischierebbe di bloccare buona parte del sistema produttivo (di qui il megapiano da 200 miliardi del cancelliere Scholz), è previsto che in caso di scenario particolarmente negativo di fatto il price cap non sia più valido affidandosi alla solidarietà comune. Non è impossibile, perciò, che il mercato tenti di «testare la resilienza» di un siffatto impianto.
Ecco perché il primo ministro olandese Mark Rutte, pur sostenendo la necessità di essere «solidali gli uni con gli altri», ieri ha accennato all'esempio del price cap spagnolo (dove lo stato paga la differenza agli importatori) e ha sottolineato l'esigenza di aumentare il ricorso al gas naturale liquefatto.
«Abbiamo bisogno di una strategia europea comune per abbassare i prezzi del gas», ha dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron. Intanto, Polonia e Slovacchia si sono opposte al piano comune di riduzione dei consumi del gas. Martedì, a Praga al Consiglio Ue dell'energia si dovrà giungere giocoforza a una conclusione.
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