Proteste in Russia: altri 700 arresti. Ue spaccata sui visti ai "disertori" in fuga

Bruxelles garantisce porte aperte a chi scappa, ma molti Stati chiudono i confini. La rabbia popolare in più di 30 città

Proteste in Russia: altri 700 arresti. Ue spaccata sui visti ai "disertori" in fuga

Da «è una questione nuova, stiamo valutando», a «l'Europa dovrebbe aprire le porte», passando per «gli Stati membri possono ancora rilasciare visti» fino al caos di chi dice, ribadisce e sottoscrive il suo «non se ne parla». È un Europa spaccata e che avanza (quasi) come al solito in ordine sparso quella che proverà a gestire l'esodo dei cittadini russi in fuga dal regime di Putin. Settantamila quelli censiti che sono solo una goccia nel mare dei potenziali esuli che non vogliono combattere una guerra in cui non si riconoscono ma potrebbero essere costretti a farlo. L'unica certezza è che il caos è garantito e che il summit comunitario di domani a Bruxelles sarà infuocato.

Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel prova a fare la voce grossa: «Ai cittadini russi in fuga dal paese, a quanti non vogliono essere strumentalizzati dal Cremlino, l'Eruopa dovrebbe aprire le porte», ha detto, aggiungendo che «in linea di principio l'Unione Europa dovrebbe accogliere coloro che sono in pericolo a causa delle loro opinioni politiche. Se in Russia la gente è in pericolo per le proprie opinioni, perché non si adegua a questa folla decisione del Cremlino di avviare una guerra in Ucraina, dobbiamo tenerne conto», pur ammettendo che serve un rapido coordinamento e che la mobilitazione ordinata dal Cremlino è un fatto nuovo e inaspettato. Un portavoce di Bruxelles specifica che in ogni caso «dal 12 settembre abbiamo un nuovo regime di visti per la Russia. Ciò significa che gli Stati membri possono ancora rilasciare visti ai cittadini russi, anche se con un processo più lungo e macchinoso. La Commissione ha adottato anche le linee guida che sostengono un approccio molto più restrittivo ai visti per scopi non essenziali». Vale a dire: porte aperte sì, ma non per chi vuole approfittarne, vedi oligarchi e potenziali pericoli per la sicurezza.

Bisogna trovare una quadra, dunque, e non sarà facile. Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia hanno già detto senza dubbio che chiuderanno le porte ai cittadini russi: a prescindere dalle loro motivazioni, non accetteranno le richieste di asilo. Pugno duro anche della Finlandia che chiuderà i confini ai russi «per ridurre significativamente il numero di persone in arrivo in Finlandia». La Repubblica Ceca invece ha fatto sapere che tratterà questi casi come normali visti e non come visti umanitari dopo che, prima in tutta Europa, già dal 25 febbraio scorso aveva sospeso il rilascio dei visti per tutti i russi. Ribelle invece l'Ungheria che terrà i confini aperti non solo agli oppositori di Putin ma anche ai turisti, ignorando, almeno in parte, le regole sulle procedure europee per il rilascio dei visti. A metà del guado la Germania che ha chiesto con urgenza una soluzione coordinata a livello europeo anche se dal ministero dell'Interno precisano che «i disertori che rischiano una pesante repressione ricevono di regola protezione internazionale in Germania».

Intanto i tentativi di fuga non si fermano. Fonti riferiscono di un assembramento di veicoli privati, complessivamente circa 2.300, in coda ieri cercando di superare la frontiera di Verkhni Lars, al confine con la Georgia. Circa 10 chilometri di coda e attese sino a 20 ore per passare la linea di fuga dal conflitto. Stessa situazione anche in altre aree con gli uomini in età militare che le provano tutte e con qualsiasi mezzo. Perché questa volta, la ribellione al regime si è fatta forte in tutto il Paese. Tanto che chi non cerca di lasciare la Russia in molti casi scende in strada, pur consapevole di andare contro una violenta repressione. Ieri ci sono stati più di 700 arresti in 32 diverse città della Russia. Un autobus carico di gente è stato portato via dagli agenti intervenuti alla dimostrazione organizzata a San Pietroburgo dove la polizia ha fatto anche uso di granate stordenti e di manganelli, picchiando e arrestando anche giovanissimi.

Proprio a San Pietroburgo come a Mosca e a Novosibirsk il maggior numero di fermati tra i dimostranti. Ma se la Russia inizia a tremare dalla sue fondamenta, l'Europa non sembra in grado di dare risposte unitarie e all'altezza. Domani, si vedrà.

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