Alla sinistra dell'accoglienza per tutti non piace uniformare la legislazione nazionale a quella degli altri Paesi europei (pure se questi ultimi sono governati dal centrosinistra). La notizia, in relazione alla stretta sulla protezione speciale, è anzitutto questa. Perché il governo Meloni - come spiegato dal sottosegretario all'Interno Emanuele Prisco (Fdi) - sta per equiparare alcune norme sull'istituto della protezione speciale ai provvedimenti già esistenti in Francia, Germania e Spagna, per fare due esempi concreti e ingombranti. Ma il Pd di Elly Schlein (e non solo) continua ad alzare un coro scandalizzato, evitando di segnalare la natura anomala della nostra legislazione.
L'invenzione dell'ex ministro dell'Interno Luciana Lamorgese va archiviata: il centrodestra ne è sicuro. Se non altro perché la protezione speciale è diventata un fattore di attrazione migratoria irregolare. Il mezzo parlamentare, come emerso due giorni fa, è un subemendamento sottoscritto da tutte e tre le principali forze di centrodestra. E i tempi sono stretti. Ieri anche il premier è intervenuto in materia. «Io ho come obiettivo l'eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un'ulteriore protezione rispetto a quello che accade al resto di Europa», ha premesso il presidente del Consiglio, durante un punto stampa nel corso della sua visita in Etiopia. Poi una spiegazione tecnica: «C'è una proposta della maggioranza nel suo complesso, non è un tema su cui ci sono divergenze. È complessa ed è normale che ci siano diversi emendamenti». Quelli della Lega sono emendamenti integrativi, al limite. E non c'è alcuna maretta in maggioranza. Giovanni Donzelli, deputato di Fdi, ha sottolineato a sua volta come la misura italiana sia un unicum continentale: «Scappi dalla guerra? Chiedi il diritto di asilo. Ci sono dei criteri ben stabiliti. In Italia si erano inventati una protezione in più che non c'è nel resto d'Europa». Niente da fare. Per la sinistra la stretta è «disumana». La segretaria dem è intervenuta sostenendo sia vergognoso «far pagare sulla pelle delle persone più fragili l'incapacità di questo governo di costruire delle politiche migratorie». Massimo Ruspandini, senatore meloniano, ne fa una questione pure statistica: «Se dovesse mantenersi lo stesso trend, si stima che per la fine dell'anno potremmo arrivare ad oltre 400.000 nuovi arrivi: non possiamo permetterci questi numeri». Ma per l'opposizione è una partita ideologica, non un argomento da affrontare con spirito pragmatico. E Francesco Boccia, ripescato dalla Schlein nella segreteria dem dopo il traghettamento dei voti grillini alle primarie, si mette a fare dietrologia. «Serve solo a coprire i ritardi e l'incapacità di questo governo ad indicare una direzione di marcia chiara per far uscire il nostro Paese dalle difficoltà economiche», afferma, rispetto alla mossa dell'esecutivo Meloni sulla protezione speciale.
Il dibattito fuoriesce dal campo della politica e coinvolge altri attori. Monsignor Gian Carlo Perego lancia un appello affinché le modifiche al decreto Cutro non siano accolte. Non è la posizione della Cei ma di sicuro il vescovo ha un ruolo centrale nell'assemblea permanente dei presuli. Poi Perego difende l'istituto: «Il permesso speciale era nato in sostituzione anzitutto del permesso umanitario per andare incontro ad una serie di situazioni che non rientrano nella protezione internazionale dell'asilo e nella protezione sussidiaria ma che hanno diritti in ordine alla tutela delle persone». Anche Emergency, attraverso le parole del presidente Rossella Miccio, dice la sua: «Siamo molto preoccupati».
Tra gli scandalizzati, anche Luca Casarini di Mediterranea Saving Humans che parla di ennesima vergogna del governo Meloni. Nulla di nuovo, a ben vedere, tranne la decisione che il centrodestra vuole adottare e che inizierà a interessare il Parlamento da martedì.
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