Da Putin nuovi (pen)ultimatum. E le manovre militari ai Caraibi

Minacce ai Paesi Nato, ma il Cremlino sposta le sue linee rosse sempre più indietro. Il nucleare resta uno spauracchio

Da Putin nuovi (pen)ultimatum. E le manovre militari ai Caraibi
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Altri passi della Russia verso una postura di guerra totale all'Occidente. Postura, si badi bene, perché quando si arriva ai fatti il megalomane Vladimir Putin deve misurare anche le parole e fare i conti con la realtà. E la realtà dice che anche l'ultima linea rosso-fuoco tracciata per intimidire gli alleati occidentali dell'Ucraina («Se Kiev colpirà il nostro territorio con le vostre armi useremo le atomiche») è stata attraversata da quasi tutti senza le minacciate «gravissime conseguenze». Nel suo incontro stampa con i media occidentali, Putin ha ribadito «l'estrema pericolosità dell'invio di armi all'Ucraina», ma la sensazione è che tale pericolosità riguardi soprattutto la Russia, che conseguenze pesanti ne sta infatti già subendo dietro i suoi confini. Ha ripetuto per non sfigurare (da troppo tempo giura che l'Ucraina «è per noi questione di vita o di morte» e per questo ha trasformato l'economia russa in un'economia di guerra) che «tutto potrà essere usato per difenderci», ma di fatto ha già dovuto tracciare un'ennesima linea rossa, un po' più arretrata delle precedenti.

«Potremmo fare ricorso a una guerra asimmetrica minaccia ora Putin -, inviare armi ai nemici dei Paesi occidentali che armano Kiev». Sarebbe interessante sapere quali armi, visto che per rimpolpare i suoi arsenali che riversa sull'Ucraina il Cremlino è già da tempo costretto a importare missili, droni e munizioni da regimi-canaglia come Iran e Corea del Nord senza dimenticare le forniture sottobanco dalla Cina. Ma Putin è fatto così, confida nella nostra pavidità, nella creduloneria superficiale di presunti analisti, nella disinformata distrazione delle opinioni pubbliche. Così, per restare in tema di postura di guerra totale all'Occidente, eccolo annunciare imminenti manovre navali russe nei Caraibi: un'abbaiata alle porte degli Stati Uniti, dove potrà contare sul «prezioso sostegno» di potenze marittime del livello di Venezuela, Nicaragua e Cuba.

Costretto dai fatti a mostrarsi anche un po' realista, Putin sfodera la sua finta faccia da statista disposto al compromesso. Molto a modo suo, però, sconfinando nel grottesco: «Se vuoi fermare l'azione militare in Ucraina ha detto - smetti di fornir loro armi e la guerra finirà in due-tre mesi». Ovvero, costringete Zelensky alla resa e avrete la pace (della schiavitù e del cimitero per gli ucraini). E siccome sa che da noi non tutti sono disinformati o fessi, nega in anticipo che l'ipotetica conquista dell'Ucraina farebbe da base per la sua prossima aggressione all'Europa: «Non intendiamo attaccare Paesi Nato, siamo realisti». Intanto però lavora in tutti i modi per cancellarla, la Nato, mentre il suo «realismo» ha già portato in Ucraina mezzo milione di soldati in armi.

A proposito di numeri, Putin si è rifiutato di confermare le stime di 150mila caduti e di almeno 300mila feriti russi in Ucraina.

Ma questo ulteriore duro colpo agli indici demografici già in calo da decenni, che si somma al milione di morti per Covid e al milione di giovani russi fuggiti all'estero per non finire al fronte, è stato compensato con metodi staliniani: annettendo territori e popolazioni ucraine, più di due milioni solo in Crimea, più ancora nel Donbass. Con questa logica criminale decine di migliaia di bambini ucraini sono stati deportati in Russia e dati in adozione a famiglie fedeli al regime: ma questo è più Hitler che Stalin, a ben vedere.

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