Venticinque anni di carcere e neanche un secondo di pentimento. Vladimir Kara-Murza non è soltanto il degno e coraggioso erede di Alexey Navalny il principale avversario politico di Vladimir Putin, in galera ormai da oltre due anni solo per questo -, ma di tutta la sua famiglia di oppositori dei regimi autoritari sovietico e putiniano: due suoi bisnonni furono giustiziati ai tempi di Stalin, suo nonno sopravvisse al gulag, lui chiama il nuovo Zar per quello che è (dittatore) e si becca un quarto di secolo di prigione di massima sicurezza per alto tradimento.
Il verdetto emesso ieri dal Tribunale cittadino di Mosca (tipicamente a porte chiuse) era ampiamente atteso. Lo scorso 6 aprile il procuratore di Stato aveva chiesto per Kara-Murza politico, giornalista, storico di formazione 25 anni per alto tradimento, falsità ai danni dell'esercito russo e guida di una «organizzazione indesiderata» (cioè il movimento Russia Aperta): e 25 anni puntualmente sono arrivati.
Quel giorno, Kara-Murza che è in custodia preventiva da un anno - aveva reso la sua ultima dichiarazione di fronte al tribunale. E aveva rivendicato con orgoglio sia le vere ragioni della sua imminente condanna, sia il proprio rifiuto di fare anche un solo passo indietro. «Mi tengono in cella per le mie opinioni politiche aveva detto - Per essermi espresso contro la guerra in Ucraina. Per una lotta lunga anni contro la dittatura di Putin. Per aver contribuito alle sanzioni internazionali personali contro i violatori dei diritti umani (una di queste persone è il giudice che lo ha condannato!, ndr). Non solo non mi pento di nessuna di queste mie azioni, ma ne sono anche orgoglioso». E ieri dopo la condanna ha urlato in aula: «La Russia sarà libera, ditelo a tutti».
Nessuna delle documentate ragioni di salute conseguenza di ben due tentativi di avvelenamento - che avrebbero dovuto far rinviare il processo a carico di Kara-Murza, oltre che renderne illegale la detenzione, sono state tenute in considerazione. E meno che mai la lettera aperta che ne chiedeva la liberazione, firmata da 76 tra giornalisti, politici e avvocati russi, denunciando il ritorno a pratiche di terrore politico di stampo staliniano. Con la condanna di Vladimir Kara-Murza, la Russia di Putin scende un altro gradino verso la dittatura assoluta.
La famiglia di Kara-Murza è di origine turkestana e il cognome significa «principe nero». Il nonno Aleksei era storico e giornalista di guerra: sopravvisse sia al lager staliniano negli anni Trenta sia alla battaglia di Stalingrado del 1942-'43. Meno fortunati due bisnonni: uno, il rivoluzionario lettone Voldemars Bisenieks, fu fucilato nelle Grandi Purghe staliniane del 1937-38; un altro, il diplomatico e politico Georg Bisenieks, fu accusato di spionaggio e di coinvolgimento nell'oscuro assassinio del rivale politico di Stalin Sergei Kirov nel 1934 e anch'esso giustiziato. Il padre di Vladimir Vladimir senior era anche lui storico e giornalista di fama: nel 2001, quando il Cremlino s'impadronì della tv indipendente Ntv per porre fine alle sue critiche verso il neo eletto presidente Putin, si dimise per protesta.
Vladimir Kara-Murza, che oggi ha 45 anni, fu educato dalla sua famiglia al pensiero critico perfino nei difficili tempi sovietici. Da giovane giornalista ha lavorato per testate russe e internazionali, dal Kommersant alla Novaya Gazeta al Financial Times e per la televisione Rtvi: per essa intervistò l'uomo di affari Sergei Kolesnikov, che rivelò per primo l'esistenza del palazzo segreto di Putin sul Mar Nero, in seguito documentata dal team investigativo di Navalny con enorme successo.
Attivo in politica nel fronte liberale, fu vicino al leader Boris Nemtsov, assassinato a Mosca nel 2015. Entrambi chiedevano la fine del regime di Putin: un appello in tal senso ottenne nel 2010 150mila firme. Nemtsov, Navalny e Kara-Murza: tre uomini coraggiosi che hanno pagato un prezzo altissimo.
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