La guerra è anche diplomazia e propaganda. Soprattutto propaganda. E così nello stesso giorno Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky sono andati in visita alle truppe impegnate al fronte, un po' per stare vicini ai soldati in prima linea, un po' per far vedere al mondo intero il loro impegno diretto nel conflitto. Visite differenti che nascono da posizioni differenti perché l'aggressore non potrà mai essere confuso con l'aggredito. Addirittura l'ipotesi è che Putin, che nell'ultimo anno si muove sempre senza clamore e grande circospezione, preoccupato com'è per la sua incolumità, non sia andato a Lugansk e Kherson ieri ma nei giorni scorsi, forse addirittura prima della Pasqua ortodossa. «Ieri», secondo il portavoce del Cremlino Peskov. Chissà.
Fatto sta che lo Zar ha voluto passare in rassegna le sue truppe in attesa di una controffensiva ucraina che dalle parti del Cremlino non fingono nemmeno più di non temere. Putin ha visitato le basi militari russe nelle due regioni occupate per «ascoltare, per sentire le opinioni e scambiare informazioni», secondo una nota ufficiale. Che fa sorridere, pensando a come l'eventuale dissenso o malcontento viene gestito dal regime di Mosca. Nella seconda visita ufficiale al fronte dopo quella a Mariupol, Putin, come mostrato nei video diffusi dalla stampa di regime, a Kherson ha regalato una copia dell'icona «che apparteneva a uno dei ministri della Difesa di maggior successo dell'Impero russo», mentre nel Lugansk ha visitato il quartier generale della Guardia nazionale «Vostok» e incontrato i comandanti militari. Una visita significativa quella del leader russo, dato che, di fatto, l'offensiva russa dell'inverno si può considerare un fallimento, con il conflitto al momento praticamente cristallizzato. Subito dopo che la visita del grande capo è stata resa nota, sia essa avvenuta ieri, l'altroieri o prima, l'esercito russo ha bombardato il mercato nel centro di Kherson colpendo numerosi civili in attesa. «Ha visitato la scena dei suoi crimini, è un tour speciale dell'autore di omicidi di massa nei territori occupati e devastati per trarre piacere dai crimini commessi dalle forze russe», ha commentato il consigliere della presidenza ucraina Mykhailo Podolyak.
Il tutto mentre il presidente ucraino Zelensky visitava le postazioni avanzate del suo esercito ad Avdiivka, nel Donetsk, una delle zone più calde del conflitto. Secondo le veline governative, Zelensky ha ascoltato la relazione del comandante del gruppo tattico-operativo e ha parlato con gli delle unità d'assalto anfibio, meccanizzate e di artiglieria e li ha ringraziati per il loro servizio. Secondo quanto riferisce lo stato maggiore delle forze armate ucraine, ad Avdiivka l'esercito russo continua a concentrare i suoi sforzi bombardando quotidianamente. «Sono onorato di essere qui oggi. Vicino ai marines, ai soldati delle forze d'assalto aereo, alle unità meccanizzate e di artiglieria. Accanto ai nostri eroi», ha commentato Zelensky. Il fronte più caldo resta Bakhmut che, secondo fonti russe, è sempre più vicina alla caduta dopo mesi di pesantissimo assedio. «Le truppe d'assalto hanno conquistato tre quarti delle parti settentrionale, centrale e meridionale della città», dicono da Mosca.
Intanto Alexej Savichev, ex mercenario del gruppo Wagner che aveva raccontato nei giorni le atrocità commesse per ordine di Prigozhin, compreso l'assassinio di decine di bambini rincara la dose: «Ho detto solo il 10% di ciò che poteva essere detto. E per questo 10% ora mi nascondo, correndo come un topo attraverso la Russia».
Tra le altre cose, ha ammesso di aver lanciato personalmente circa 30 granate in una fossa con 50-60 prigionieri di guerra ucraini feriti e disertori Wagner. Questa non è propaganda. È l'ignobile realtà di una guerra di aggressione che sembra non avere fine.
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