![Quanti errori e accanimento su Alberto Stasi. C'è solo un precedente così: il caso Tortora](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2022/10/04/1664861347-agenzia-fotogramma-ipa20882092.jpg?_=1664861347)
Trovo incredibile che la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia respinto il ricorso contro l'Italia di Alberto Stasi. Perché è la dimostrazione di quanto fallimentare possa essere la giustizia se persiste nel lasciare in galera un ragazzo, ormai uomo, pur non avendo contro di lui elementi certi di colpevolezza. Non è bastato condannarlo per l'omicidio di Chiara Poggi dopo che due corti l'avevano assolto. Gli si toglie la possibilità di dimostrare la sua innocenza, negandogli persino l'opportunità di far testimoniare una signora - la vicina di casa di Chiara - che nei minuti in cui si consumava il delitto avrebbe visto una bicicletta nera da donna appoggiata al marciapiede dell'abitazione dei Poggi. Un tripudio di errori, insomma, inettitudini e accanimento tribunalizio, che ha un solo precedente: il caso Tortora.
E che dovrebbe scatenare l'indignazione generale, o forse anche un intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, invece è stata relegata tra i trafiletti di cronaca come un'inezia o un intoppo di un caso ormai archiviato. La gente se ne infischia se un povero cristo che peraltro ha dimostrato intelligenza e maturità anche nel carcere di Bollate in cui è recluso (da cui esce ogni mattina per recarsi al lavoro) - marcisce dentro una cella. D'altronde era tutto scritto in quel lontano 2007. Chiara la ragazza perbene, tutta casa e lavoro, un futuro brillante davanti e quell'amore per Alberto che le faceva splendere il volto risaltandone il sorriso e il cuore sincero. E lui, il biondino di Garlasco, pallido, taciturno, l'occhio azzurro quasi vitreo, studente modello alla Bocconi, con quel portamento da contabile e il fare introverso che era timidezza ma qualcuno interpretava come spietata freddezza. La mattina del 13 agosto Stasi trova la sua ragazza senza vita nella villetta in cui viveva con i genitori - il cranio sfondato da un corpo pesante, il volto straziato da una lama - e diventa subito il capro espiatorio per l'opinione pubblica e per i giornali. Tutti convinti del colpo di scena, dell'insospettabile innamorato divenuto assassino. L'unico innocentista ero io. Odiavo accodarmi al branco degli accusatori e non riuscivo a credere che gli elementi fino ad allora raccolti dagli inquirenti fossero davvero sufficienti a giudicare colpevole quel povero ragazzo. La relazione con Chiara era serena e senza ombre, c'era stata la vicenda del materiale pornografico che aveva fatto pensare a un possibile movente, ma si era appreso fin da subito che anche lei ne era a conoscenza, dunque perché ucciderla in quel modo barbaro? Non aveva senso. Senza contare che il ragazzo aveva passato la mattinata a studiare chino sul computer per preparare la tesi imminente e non avrebbe avuto neppure il tempo di muoversi e compiere quel crimine. Non si deve essere investigatori esperti per capire certe cose, è questione di logica. Le indagini furono invece condotte malamente e in modo pasticciato. Divise in mille rivoli e incartamenti, tra carabinieri e procure di Vigevano e Garlasco. Qualcuno arrivò addirittura a sostenere che in quella vigilia di ferragosto ci fossero solo Chiara e Alberto nel paesino adagiato sulla campagna pavese, e non si premurò di scandagliare adeguatamente le vite di vicini o conoscenti della ragazza. O di indagare se qualcuno, al di fuori della coppia, potesse avere un motivo per uccidere Chiara. Nella provincia semplice e campagnola, sorpresa dalla ribalta e dai fari dell'informazione, serviva riportare la calma e la serenità individuando un colpevole nel più breve tempo possibile. E così Stasi divenne il sospettato numero uno. L'indagato. Il centro dei pettegolezzi. Dei pissipissi della domenica. Dei discorsi ai tavolini del bar della piazza. Si disse che non era veritiero il racconto di come l'aveva trovata (le scarpe da ginnastica non erano sporche di sangue, e come poteva averle pulite se aveva calpestato i pavimenti della villetta dove la ragazza era stata colpita a morte). Che Chiara poteva aver aperto la porta solo a una persona che conosceva e aveva solo Alberto, chi altro se non lui poteva essersi introdotto in quella casa? Ma non c'era l'arma del delitto, non c'era il movente. E quelle che venivano spacciate per prove erano in realtà frattaglie e sospetti ingigantiti dai mass media affamati di un mostro credibile da sbattere in faccia all'opinione pubblica assetata di un nome e di un volto, meglio se di un ragazzo perbene e serio che all'improvviso va fuori di testa e ammazza brutalmente la sua fidanzata. È vero che chi commette reato va perseguito sempre, ma deve essere colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Nulla di chiaro e lineare c'era invece nelle accuse. E la vicenda giudiziaria che ne seguì lo dimostrò ampiamente. Stasi venne processato in Corte d'assise e assolto per mancanza di elementi di colpevolezza. La pubblica accusa come spesso avviene (anche se non si comprende come un pm debba impugnare un verdetto emesso dai colleghi togati) fece ricorso. In secondo grado il giudizio non cambiò di una virgola. Assolto di nuovo. Si auspicava la fine dei tormenti tribunalizi. Invece i soliti pm vollero andare in Cassazione. E arrivò la condanna definitiva a 16 anni. Cosa dobbiamo pensare: che non uno ma due collegi giudicanti siano stati considerati incapaci? Probabile. Incontrai Alberto un paio di volte, e subito mi parve chiaro che non avrebbe avuto scampo. Non per la consistenza delle prove a suo carico ma perché era una persona molto timida, senza quella capacità difensiva irruente che serve nei casi come questo. Si è sempre dichiarato innocente, anche questo dovrebbe farci riflettere. E anche quando è andato in televisione, ha usato toni pacati, mai un'accusa o uno sfogo sguaiato o fuori luogo. Mi sovviene il caso di Olindo e Rosa. Anche loro, ricorderete, furono condannati per una strage efferata dopo una confessione estorta non so da chi e non so come: quattro morti e non una traccia di sangue sui vestiti, sulle docce, nei lavandini, vi par possibile? Spiace ammetterlo ma continuo a pensare che ci si debba fidare più dell'ingiustizia che della giustizia. Mi conforta solo sapere che Stasi potrebbe uscire prima della scadenza della sua pena grazie alla buona condotta.
Vorrei però che gli arrivasse il mio messaggio in questi giorni cupi in cui rivive il calvario giudiziario e ripensa forse a quel 13 agosto e alla giovinezza che gli è stata tolta. Caro Alberto, innocentista ero e innocentista rimango. Non sei solo su questa terra e non mi sono dimenticato non è un granché ma è meglio del vuoto angosciante di una cella grigia.
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