Quei grillini delusi che scelgono di votare a destra

A seguito del voto di domenica, molti commentatori hanno posto l'accento sull'enorme tasso di astensione ai referendum, segno della poca mobilitazione che partiti e molti media hanno suscitato sui temi oggetti di scelta

Quei grillini delusi che scelgono di votare a destra

A seguito del voto di domenica, molti commentatori hanno posto l'accento sull'enorme tasso di astensione ai referendum, segno della poca mobilitazione che partiti e molti media hanno suscitato sui temi oggetti di scelta.

E, più in generale, sulla crisi di questo strumento di consultazione popolare, che pure in passato ha tanto significato nella storia del nostro Paese (di qui il suggerimento da parte di diversi commentatori di abbassare in futuro il quorum richiesto). Ma molto meno si è sottolineato che anche nelle elezioni amministrative si è registrato, praticamente dovunque, un importante calo dell'afflusso alle urne, anche in quei comuni dove la contesa per il posto di sindaco pareva più sentita e partecipata.

Peraltro, il trend di diminuzione della pratica dell'esercizio del voto prosegue da molti anni, di elezione in elezione. E non costituisce un fenomeno che riguarda solo il nostro Paese: anche nella vicina Francia ad esempio, dove si è votato, sempre domenica scorsa, per l'assemblea legislativa, si è verificato un'importante contrazione dell'afflusso alle urne.
I motivi di questo fenomeno sono molteplici. Come ha sottolineato D'Alimonte sul Sole 24Ore, dipendono anche da fattori demografici: i più anziani, abituati a votare regolarmente, tendono a farlo di meno, anche per effettivo impedimento fisico, e tra le generazioni più giovani che risultano ormai da diversi anni meno interessate alle vicende politiche, è molto più frequente l'astensione.

Ancora, pesa il crescente distacco dalla politica da parte della popolazione e la sempre più diffusa disistima nei confronti dei partiti. Il legame di appartenenza che caratterizzava il rapporto con le forze politiche nel corso della Prima Repubblica e che sollecitava a dare loro il sostegno nell'urna, è completamente scomparso e la disaffezione verso la politica implica inevitabilmente una diminuzione della partecipazione.

Ma vi è anche un terzo, importante motivo: l'estrema mobilità dell'elettorato.

Perché, contrariamente a un tempo quando essa era considerata una sorta di «colpa», la diserzione dalle urne si è trasformata in una vera e propria scelta accettabile, al pari del voto per questo o quel partito. Ed è presa in considerazione come tale da un numero crescente di elettori. Che decidono deliberatamente di astenersi a fronte di un'offerta politica giudicata quantomeno insoddisfacente.

Si pensi, ad esempio, al caso dei 5 stelle. Uno dei fattori principali all'origine del loro successo alle politiche del 2018 fu di avere «pescato» gli elettori grillini dall'astensione. Molti cittadini, che magari da anni non partecipavano alle elezioni, affascinati delle proposte e dal linguaggio contro i partiti tradizionali adottato dai 5 stelle, li votarono. Oggi, dopo la deludente, a dir poco, esperienza dei grillini al governo, questi stessi elettori li hanno abbandonati e, per la maggior parte, si sono rifugiati nuovamente nell'astensione, contribuendo significativamente ad ingrossare le fila di chi non si reca alle urne. Ma l'analisi del voto di domenica, come risulta anche dai flussi calcolati dall'Istituto Cattaneo, suggerisce altresì che una parte relativamente consistente degli ex 5 stelle si sia diretta verso altri partiti. Ad esempio verso il Pd, alleato dei grillini in queste elezioni, ma anche, in misura non trascurabile, verso Fdi, che pare avere offerto loro, almeno in una certa misura, quell'immagine di «nuovo» e di «diverso» dai partiti tradizionali che avevano creduto di trovare nei 5s quattro anni fa.

Un fenomeno simile è avvenuto, seppure in misura assai più ridotta, nella Lega: molti elettori del partito di Salvini, delusi da alcune scelte del Capitano e, non ultimo, dalla sua permanenza al governo - si sono trasferiti a Fratelli d'Italia, convinti dalla comunicazione e dal successo della Meloni, con la conseguenza che Fdi supera la Lega anche nei comuni del Nord.
Secondo molti osservatori, le amministrative di domenica hanno visto una affermazione del centrodestra (quando è unito) e in particolare di Fdi, con, al tempo stesso, una buona «tenuta» del Pd e il crollo di M5s e, in misura minore, della Lega. È uno scenario che può essere confermato alle consultazioni politiche previste per il 2023? Non è scontato, proprio perché, come si è detto, l'elettorato del nostro Paese si dimostra sempre più volatile e mutevole nelle sue scelte, anche in tempi brevi.

Certi partiti e specialmente certi leader che appaiono oggi affascinanti e attrattivi possono essere abbandonati domani, se gira il vento. E la presenza di un flusso così consistente da e verso l'astensione rende impossibile prevedere un quadro stabile.

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