Quei malumori in Forza Italia che frenano il rilancio azzurro

L'ex sindaco di Ascoli lascia e Toti avverte: ci stiamo sciogliendo come neve al sole. Insofferenza nel partito

Quei malumori in Forza Italia che frenano il rilancio azzurro

È una giornata faticosa per Forza Italia, con troppi malumori ai vertici e lo smarrimento sempre più diffuso di chi sta sul territorio. Il caso, piccolo ma significativo, è quello di Guido Castelli, ex sindaco di Ascoli, uno che qualche anno fa era considerato il futuro del partito, che ora se ne va con una valigia di rammarico e delusione. Come accade ormai in questi tempi virtuali la lettera d'addio la scrive su Facebook: «Nelle Marche qualcuno mi considera di troppo. Rispetto le scelte di tutti ma prima ancora rispetto i miei principi e la mia cultura politica. Continuerò a impegnarmi nel centrodestra, come prima e più di prima». È una storia di contrasti locali, ma anche la fotografia di quello che sta accadendo. Il «caso Castelli» rimbalza a livello nazionale. Giovanni Toti ne approfitta per confermare le sue tesi: Forza Italia si sta sciogliendo come neve al sole. «Un altro amico che ci saluta».

Toti ha fretta, chiede segnali di rinnovamento, teme che il tempo giochi contro di lui e probabilmente non si fida. La carica di coordinatore di Forza Italia, in condominio con Mara Carfagna, non lo rassicura. Resta sul confine. La parola scissione è ancora lì che gira. La visione di Silvio Berlusconi è diversa. Non c'è fretta. Forza Italia deve cambiare, ma un passo alla volta, senza strappi, senza colpi di testa e risse feudali.

Il problema è che nel partito la merce più rara è ormai la fiducia. Nessuno si fida più di chi gli è seduto accanto. Mariastella Gelmini rimprovera a Toti di corteggiare gli amministratori della Lombardia per traghettarli dalla sua parte. «Basta - dice - atti di prepotenza sui coordinatori regionali. Non è con questo bullismo politico che i numeri della Lombardia passano a Toti. Stiamo aspettando tutti di definire le regole che ci porteranno al congresso e alle primarie. Nel frattempo il governatore ligure si occupi della sua regione e prenda atto che esiste una maggioranza nel partito che sostiene Salini e che si riconosce in Berlusconi». Il messaggio è chiaro. La resa dei conti ci sarà con le primarie, dove saranno in tanti, almeno più di due, a candidarsi. C'è poi chi continua a sperare che il governatore ligure sveli il suo gioco e scelga di passare con Salvini o con la Meloni. Come ripete Micaela Biancofiore: «Tanto farà la fine di Alfano».

Toti teme invece che le primarie siano solo una chimera: troppo lontane e comunque invisibili. Non vuole però essere lui a rompere, così si limita a replicare con toni piuttosto sprezzanti. «Ma perché la Gelmini, la Biancofiore e altri hanno così paura del dibattito? Poca abitudine? Paura del giudizio dei nostri simpatizzanti e militanti? Già qualche nostalgia per i nominati, che ancora son tutti li? Dai dite la vostra invece di criticare chi dice la sua. La Democrazia che vogliamo è anche per voi».

Ecco, questo è il clima che si respira in Forza Italia. L'umore dentro il partito è di insofferenza e fastidio nei confronti del governatore ligure, le cui mosse sono viste come atti di arroganza una volta che Berlusconi ha impresso una volontà concreta di cambiamento: chiedere azzeramenti senza nemmeno essersi seduti al tavolo delle regole significa rivelarsi ostili all'ex premier e a chi lo sostiene. Nemmeno balcanizzare il partito attirerà a Toti le simpatie degli amministratori. Nelle fila di Forza Italia non è passata sotto silenzio neanche la presenza di Paolo Romani al convegno di sabato Milano: «Con tutto il rispetto, non ha senso parlare di cambiamento con chi non rappresenta il nuovo», è il ragionamento di molti.

L'appuntamento chiave dovrebbe essere quello del 6 luglio al teatro Brancaccio di Roma. È la piattaforma Toti: rinnovare il partito. Ma c'è un errore di traduzione. Quando Toti scrive rinnovare gli altri leggono rottamare.

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