Solo in un film per ragazzi, dove il bene e il male sono disegnati col pennarello, dove i mostri hanno sembianze inequivoche e i buoni il dono del sentimento, si sarebbe potuto fantasticare una collisione così plastica e reale fra due società; vedendola si teme per il domani, si sente che la guerra è ancora tutta là, la tregua fragile e formale. Solo i sorrisi delle ragazze, che consolano tanto, aiutano a sperare che il valore dei soldati, più di qualsiasi accordo, seguiti a funzionare da deterrente definitivo: Hamas è a pezzi e Romi, Emily, Doron dopo un anno e quasi quattro e mesi prigioniere nella società nazista di Hamas sono state restituite alla vita, è già tanto. Ma si è fatto sentire anche ieri l'abisso dell'odio di Hamas verso i kibbutz, la piazza di Tel Aviv, l'intero Paese che ha aspettato insieme alle mamme delle ragazze, mentre i parenti di altri 94 rapiti aspettano i prossimi nella lista dei 33 senza invidia. Da una parte i soldati, gli amici, i medici degli ospedali attrezzati per l'evento, tutto ha fatto da sfondo al silenzio di Reim dove sono atterrati gli elicotteri di salvataggio, proprio allo spiazzo per la festa di Nova, da dove Romi è state rapita. Israele discute duramente, senza scansarsi, Ben Gvir si dimette, il governo si spacca. Ed è la democrazia, resta spazio all'evento più importante: salvare vite.
Ed ecco Gaza, «il regno dell'oscuro signore Sauron», dove siamo ancora in pieno 7 ottobre. Intorno alle auto che cercano di approssimarsi a quelle della Croce Rossa, siedono circondate da armati le tre ragazze sulla via della liberazione: passeranno sgusciando protette coi mitra attraverso una folla di migliaia di uomini eccitata, giovani, vecchi, bambini minacciosi e urlanti, che bloccano tutte le auto, e la folla è punteggiata da innumerevoli uomini di Hamas col mitra in mano. La folla ha un'aria aggressiva, stringe di assedio le auto facendo la V, urlando slogan, sventolando telefonini. No, non ha l'aria affamata, mentre più di 600 camion di cibo entrano nella Striscia per finire nelle mani di Hamas. L'accordo vuole Hamas disarmata e invece l'organizzazione ritrova le divise, le fasce verdi, i pickup bianchi, ha anche una guardia d'onore in fila mascherata e pronta all'attacco. Non festeggiano il cessate il fuoco perché porterà la pace ma perché li aiuterà a riorganizzare la loro guerra, questo è il loro programma evidente. Sanno che 90 prigionieri saranno rilasciati nelle vicinanze delle città israeliane e se stavolta sono donne e giovani sotto i 18 anni (fra loro anche ragazzi destinati a divenire Shahid) presto arriveranno i terroristi con svariati ergastoli che si uniranno all'unico progetto che domina le loro menti: la guerra santa contro Israele.
L'ethos di Hamas ancora governa Gaza, una donna solitaria che si vede in tv mentre attraversa la folla gridando che i dolci che vengono distribuiti non li vuole, certo avrà delle conseguenze. Già da alcuni giorni è in atto una pulizia ideologica che sentenzia e uccide i dissidenti e ristabilisce intorno ad Hamas una rete di potere. Israele però oltre che a riportare i rapiti ha promesso che Hamas non dominerà più Gaza. Non è chiaro se e come questo possa accadere, ma è nell'accordo votato dal gabinetto e sancisce la legittimità dell'azione del governo: la folla palestinese che secondo gli accordi torna già a frotte liberamente verso Jabalia, dovrebbe essere disarmata. Chi lo possa assicurare non si sa. Così come la clausola dell'abbandono del terrorismo da parte dei palestinesi carcerati che al primo giro saranno più di 700 e alla fine 1.700.
Ci vorrebbe una pressione mondiale per salvare il popolo di Gaza dalla dannazione di Hamas, dall'etica dall'assassinio, dello stupro, dell'odio, per avviarlo davvero alla pace di cui tutti parlano. Non ci sarà. Israele si appresta alla resistenza e all'incognito, guardando negli occhi felici le sue ragazze lascia da parte.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.