Sta accadendo qualcosa di nuovo. Per la prima volta dal dopoguerra, (quasi) tutte le forze politiche sembrano affermare convintamente i medesimi principi, condividere analoghi valori, riconoscersi nello stesso sistema di alleanze internazionali. La libertà e la democrazia, l'Europa e l'Occidente; dunque, nonostante tutto, la Nato: è questo il terreno comune e difenderlo con ogni mezzo è per (quasi) tutti i partiti una tensione naturale.
Non era mai accaduto. Dopo aver scritto assieme la Costituzione, dal 1947 i partiti politici si sono riadattati voluttuosamente all'antico vizio italico dello scontro totale e della reciproca, totale, delegittimazione. Passati, nei secoli, dal conflitto tra guelfi e ghibellini a quello tra fascisti e antifascisti, nella fase repubblicana ci siamo divisi in comunisti e anticomunisti, berlusconiani e antiberlusconiani, onesti e ladri, renziani e anti renziani, sfascisti e antisfascisti Sempre facendo dell'avversario un nemico, della politica un'etica, delle proprie idee la Verità.
Gli Anni di Piombo ci hanno indotto a deporre temporaneamente le armi, la minaccia islamica ha solo in parte ridestato in noi il senso di un'identità comune. Ora, grazie al ritorno in auge della parola «guerra» a lungo rimossa, qualcosa di sostanziale sembra cambiare e ci scopriamo (quasi) tutti dalla medesima parte del fronte: italiani, europei, occidentali e democratici. Il fatto che ciò accada nella fase in cui la Storia ci ricorda il suo essere Tragedia e al termine di un ciclo politico sia interno sia internazionale, autorizza a pensare che ci si trovi in una stagione tanto solenne quanto costituente. C'è la possibilità che l'Italia delle fazioni diventi finalmente una democrazia matura. Sta ai leader politici, e agli aspiranti tali, mostrare quel senso di responsabilità e quello spirito costruttivo che i tempi richiedono.
Ha osservato Luca Ricolfi che le conseguenze politiche della guerra in Ucraina fanno venir meno la presunzione di superiorità morale della Sinistra nei confronti della Destra. Ha detto Domenico Fischella che «la sovranità è una cosa seria», mentre «il sovranismo è la distorsione di un concetto alto».
«Oggi - ha osservato il politologo che nei primi anni Novanta contribuì a fare della Destra italiana una forza di governo - per un italiano essere conservatore significa essere europeo, perché apparteniamo tutti alla stessa civiltà». Un auspicio, quello di Ricolfi, e due concetti capitali, quelli di Fisichella, che potrebbero rappresentare le architravi della Nuova Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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