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Reddito, salario minimo, superbonus giovani. Gran premio a sinistra sull'assistenzialismo

Conte, Pd, Di Maio, Verdi e Calenda si inseguono sul welfare senza indicare le coperture. Sulla retribuzione base ormai sono giunti al "chi offre di più?"

Reddito, salario minimo, superbonus giovani. Gran premio a sinistra sull'assistenzialismo

Da Conte a Letta, passando per Di Maio. Il centrosinistra - dove ora ad agitare lo scettro del «più a sinistra» c'è il leader del M5s - si gioca la carta dell'assistenzialismo, accusa il centrodestra. Grillini e Pd di fatto si inseguono su reddito cittadinanza, salario minimo e tasse di successione per finanziare doti ai diciottenni, il cavallo di battaglia del segretario dem.

Ma la bandiera più sventolata al Sud è quella del reddito di cittadinanza, con le accuse incrociate di «voto di scambio» lanciate da Renzi a Conte. Del resto gli ultimi giorni stanno consegnando una rimonta nei sondaggi non più pubblicabili del Movimento, che rivendica a gran voce la paternità del sussidio. A luglio i nuclei familiari beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza sono stati 1,17 milioni, che ora sono potenziali voti. Conte rilancia: «Altro che assistenzialismo, siamo per lo sviluppo e la crescita, e posso dirlo forte dopo aver lasciato la guida del Paese con un +6,6% del Pil». Letta sul reddito, nonostante molte critiche su certe storture della misura si fossero levate dall'interno dello stesso Pd, si ammorbidisce: «È utile, contrasta la povertà, ma bisogna correggere, modificare e potenziare dove necessario», perché, dice, è innegabile che alcuni aspetti vadano rivisti. Però non lo si accusi di assistenzialismo, dice agli elettori del Sud: «Basta a un approccio meramente assistenzialista o alle pulsioni ribelliste. Al Sud serve lavoro, lavoro, lavoro». Sul punto arriva però l'ex grillino Luigi Di Maio, oggi Impegno civico: «Il reddito di cittadinanza l'ho fatto io, lo difendo da chi vuole eliminarlo, possiamo migliorarlo». Il cappello, insomma, è suo. Come del resto il celebre copyright sull'abolizione della povertà lanciato dal balcone di Palazzo Chigi. Allora tocca a Letta rilanciare sul salario minimo, perno del programma del Pd conteso dal Movimento e da Carlo Calenda. Il dem propone «un salario minimo contrattuale pari a circa 9 euro lordi orari». Ma di nuovo Conte: «Il 25 settembre saremo gli unici a proporre il salario minimo legale a 9 euro», rivendica. Invece lo propongono un po' tutti. Non solo Pd, anche l'alleanza Verdi Sinistra vorrebbe un «salario minimo di 10 euro all'ora. Sono 1.200 euro al mese ed è il prezzo della dignità», recita il programma. Pure per leader di Azione - in alleanza con Italia viva di Renzi - propone di «introdurre un salario minimo» per «garantire a tutti lavoratori una retribuzione dignitosa», anche se Calenda però è più cauto sulla soglia minima da fissare: «Il livello adeguato deve essere determinato da una commissione di esperti indipendenti. Se lo fai fare solo al Parlamento parte la gara a chi la spara più grossa. A quel punto centinaia di migliaia di persone perderebbero semplicemente il lavoro». Sul reddito di cittadinanza invece Calenda frena: «Se rifiuti un'offerta di lavoro il reddito lo perdi, perché è un principio giusto, morale ed etico. Nessuno sta dicendo che devi lasciare per strada qualcuno, ci mancherebbe».

E in queste ore Letta si rivolge ai diciottenni: «Andate a votare». Per la prima volta i neomaggiorenni possono portare voti anche al Senato. Una platea a cui il segretario parla da tempo, da quando ha rilanciato la promessa di una dote ai 18enni: diecimila euro sulla base dell'Isee familiare. Un tesoretto da finanziare con tasse di successione.

A loro ha anche ricordato di voler «potenziare il Fondo di garanzia mutui per la prima casa» e di erogare a un contributo affitti di duemila euro per studenti e lavoratori (under 35). Meno chiaro con che risorse realizzare tutto questo.

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