Il referendum dà la scossa: l'affluenza supera il 40%

La vittoria dell'asse Lega-Forza Italia. Via all'iter con lo Stato per l'autonomia. Il governo: "Pronti a trattare"

Il referendum dà la scossa: l'affluenza supera il 40%

Affluenza al 40%, con una valanga di Sì. Roberto Maroni e Silvio Berlusconi vincono la loro scommessa e da oggi Lombardia fa davvero rima con autonomia. In una domenica speciale ha votato più di un lombardo su tre e quasi tutti hanno approvato il quesito: milioni di Sì conteggiati dai tablet elettorali che hanno debuttato con questo referendum, la più grande elezione non gestita dallo Stato nell'intera storia italiana. La scossa dalla Lombardia, quindi, è arrivata eccome. E possono legittimamente rivendicarla la Lega Lombarda, Forza Italia e gli alleati che hanno creduto nel referendum: Lombardia popolare, i Fdi lombardi e le altre forze del centrodestra.

La Regione più dinamica, produttiva ed efficiente d'Italia da oggi apre la vertenza con lo Stato per ottenere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse». Come annunciato nei giorni precedenti al voto, già domani il Consiglio regionale dovrebbe discutere la piattaforma di rivendicazioni da portare a Roma, col governatore Maroni disposto a farsi accompagnare da una squadra bipartisan composta soprattutto da un bel pezzo di società civile e categorie produttive, oltre che dagli amministratori locali.

Non era scontata una alta partecipazione alle urne. Il presidente della Regione, proprio in occasione della conferenza stampa con il leader azzurro Silvio Berlusconi, dopo l'ennesima domanda sulla «asticella» del successo, aveva fissato la soglia della sua personale soddisfazione al 34%, dato corrispondente all'affluenza alle urne per il referendum sul titolo Quinto della Costituzione, proprio quello in cui compare l'articolo 116 che era in questione in questo referendum. Pochi erano disposti a credere che l'avrebbe superata quell'asticella, anche perché in Lombardia non c'era il quorum a incentivare l'affluenza e c'era l'incognita del voto elettronico. La sinistra poi ha cercato in tutti i modi di scoraggiare, spaventare, boicottare il voto, alla faccia del molto citato (e poco capito) verso di Giorgio Gaber: «Libertà è partecipazione». Nel Pd convivevano almeno tre-quattro diverse linee, secondo uno spettro di posizioni che andava dal Sì convinto di alcuni sindaci (fra cui l'aspirante governatore Giorgio Gori), agli strali del capogruppo regionale Enrico Brambilla, passando per la confusa indifferenza del partito milanese, il cui segretario Pietro Bussolati alla vigilia è arrivato al punto di evocare «opacità e gravi complicazioni», mentre ieri, a urna ancora aperte, ha parlato di «scarsa affluenza», «in particolare a Milano Metropolitana» e di «sconfitta politica» di «Maroni. In realtà il Pd che ha scommesso sulla non-partecipazione non può neanche intestarsi il dato di Milano, che effettivamente ha votato meno delle altre province. Non può farlo dal momento che il sindaco Pd Beppe Sala era anch'esso per il Sì, anche se alla fine, pasticciando un po', ha avanzato vari distinguo e non è andato ai seggi portando a «giustificazione» un impegno a Parigi sull'ambiente. Non sorride al Pd neanche l'affluenza di Bergamo, molto elevata, dal momento che il Comune capoluogo, in mano proprio al sindaco Gori, ha votato molto meno della provincia, storicamente leghista.

Adesso il presidente Maroni ha la strada spianata verso le imminenti elezioni regionali.

E la Lombardia - che è prima in tutte le classifiche di buon governo - oggi si sveglia «regione speciale». E Roma apre: «Il governo è pronto ad avviare una trattativa», ammette il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa.

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