Sovrano, partecipe o disincantato che sia, c'è poco da scherzare con il «popolo». Così la «madre regina» delle riforme populiste irrompe alla Camera dei deputati e promette scintille già nei primi voti di oggi.
La discussione sull'introduzione del referendum «propositivo», ipotesi recisamente rifiutata dai Padri costituenti che non ammettevano «contaminazioni» e deviazioni lungo la già spinosa strada del parlamentarismo, non va sottovalutata. Come sottolineava ieri il pidino Fiano, «inutile parlare ipocritamente di incentivo alla partecipazione dei cittadini alla politica» perché siamo di fronte alla richiesta di una «mutzione genetica della rappresentanza». Ma per i grillini, si sa, il modello di democrazia diretta si sposa perfettamente con l'idea di «superare il Parlamento». Ed effettivamente non si può contestare che, negli ultimi decenni, sia proprio l'istituto della rappresentanza a essere entrato in crisi. Disaffezione, massificazione, disillusione, inerzia degli eletti, astensionismo: sintomi gravi e incontrovertibili che richiederebbero una riflessione profonda, senza preconcetti.
Ma non è così, per quello che si è visto ieri, quando la relatrice di maggioranza, la 5S Fabiana Dadone ha presentato il contestatissimo pdl di modifiche all'art. 71 della Costituzione che, secondo il magistrato Carlo Nordio, presente all'affollata conferenza stampa di Forza Italia, «è pericolosa, ha criticità enormi» ed è, in ultima analisi, «da buttare nella spazzatura». 700 gli emendamenti presentati, dei quali 490 solo da Forza Italia e un centinaio dal Pd. M5S e Lega, pur diventata un po' «freddina» sul tema che è previsto dal contratto di governo, non ne hanno presentato alcuno. Le perplessità da parte delle opposizioni sono notevoli, anche se in commissione si è tentato di lavorare assieme alla maggioranza sugli aspetti più controversi: il quorum e i limiti delle materie proponibili. Con una complicazione in più, determinata da una farraginosa modalità di voto referendario, che sottoporrebbe alla volontà popolare tre scelte invece di due: una per il «no», una per il «sì» alla proposta «popolare», una terza per il «sì» a leggi varate dal Parlamento. Altro rovente terreno di scontro è poi quello del lobbismo, che potrebbe trovare facili grimaldelli per far prevalere «gli interessi di pochi» e svuotare la democrazia, come dice la deputata azzurra Calabria, che parla di «attacco al cuore delle istituzioni».
«Siamo di fronte a un bivio - ha dichiarato il presidente della commissione Affari Costituzionali, il grillino Brescia - dare più potere ai cittadini o continuare a favorire l'astensionismo e la sfiducia. Rafforzare la democrazia diretta stimolerà l'azione delle Camere, le spingerà ad essere meno autoreferenziali e più credibili...». Tranchant e senz'appello, invece, la bocciatura dei forzisti. Per Sisto è una «pdl incostituzionale e lobbistica; la funzione legislativa potrebbe finire appaltata a società di servizi che, attraverso 500.000 professionisti della firma, potranno mettere in difficoltà un intero Stato...».
«Sull'altare di un negoziato tra riforma costituzionale e legittima difesa si punta a scassare la democrazia rappresentativa, sarà il trionfo delle lobby e la dittatura di una minoranza», ha sottolineato la capogruppo Gelmini, mentre alla sua parigrado al Senato, Annamaria Bernini, la democrazia diretta dei 5S ricorda tanto «la democrazia dei soviet, dell'assemblea del popolo maoista, della Giamahiria libica». Provare per credere.
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