Regionali Calabria, il M5S sconfessa Di Maio e chiede aiuto a Grillo

La deputata Nesci si appella al garante per ottenere una risposta sulla sua candidatura. E intanto il capo politico declina ogni responsabilità sulla alleanza con il Pd

Luigi Di Maio con Dalila Nesci
Luigi Di Maio con Dalila Nesci

E ora a delegittimare Luigi Di Maio ci pensano direttamente i suoi parlamentari. La deputata del M5S Dalila Nesci sarebbe pronta ad appellarsi direttamente al garante Beppe Grillo pur di ricevere una risposta sulla sua candidatura alla presidenza della Regione Calabria.

Il capo politico, durante un vertice in Senato con gli altri parlamentari calabresi, aveva infatti arginato le velleità di Nesci perché la sua eventuale discesa in campo avrebbe determinato un possibile effetto a catena, creando un precedente in grado di mettere in crisi la regola del Movimento secondo cui un eletto non può candidarsi in altre competizioni elettorali.

La portavoce alla Camera, tuttavia – spalleggiata anche dalle ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi – ha più volte chiesto che la sua candidatura fosse valutata nel merito, tirando in ballo anche il caso del viceministro Giancarlo Cancelleri, che ha mollato il suo posto da deputato nell'Ars siciliana per andare al governo. I casi sono diversi (Cancelleri non è stato votato), ma Nesci intende comunque andare avanti.

Al punto di delegittimare il suo capo politico attraverso una richiesta formale a Grillo. Il fondatore, nel corso della festa nazionale dei 5 stelle a Napoli, aveva già avuto modo di prendere atto della volontà della deputata di rappresentare il Movimento alle Regionali calabresi, ma non si era pronunciato né in un senso né in un altro.

Non è la prima volta che Nesci si ribella all'autorità di Di Maio. Pochi giorni fa, in risposta a un post facebook del senatore Nicola Morra – che propugna la tesi secondo cui i 5 stelle non dovrebbero presentare alcuna lista in Calabria –, Nesci aveva attaccato frontalmente il capo politico e stigmatizzato il suo “comportamento irresponsabile”. Di Maio, spiegava la deputata di Tropea, “non ha dato e non dà indirizzi sulla 'questione calabrese'” e “adesso scarica a noi la responsabilità di un percorso elettorale a un mese dal voto”.

Il riferimento è alla linea pilatesca che il titolare della Farnesina avrebbe adottato per la Calabria: ovvero, far decidere le alleanze ai parlamentari, in modo tale da non assumersi alcuna responsabilità in caso di flop nelle urne.

Di Maio conosce bene la posta in gioco e, dopo la debacle in Umbria, non intende più metterci la faccia. Anche perché in Calabria il Movimento rischia molto.

Da solo potrebbe non raggiungere la soglia dell'8% necessaria per entrare almeno in consiglio regionale. Ci sarebbe poi l'alleanza giallorossa, ma il grosso dei militanti e dei parlamentari rifiuta di siglare una intesa elettorale con il Pd calabrese, in questi anni accusato più volte di aver scaraventato nel baratro la Regione.

E così i 5 stelle si apprestano a incontrare di nuovo Di Maio (forse mercoledì) nell'incertezza più assoluta. Una frangia sta con Morra e propende per il disimpegno; un'altra appoggia invece la tesi del deputato Riccardo Tucci, che vorrebbe un nuovo patto civico con il Pd garantito dall'imprenditore del tonno Pippo Callipo. L'ex presidente di Confindustria Calabria, a sua volta, nei giorni scorsi ha implicitamente chiesto al Movimento di farsi avanti e di decidere cosa vuol fare alle prossime elezioni.

Di tempo non ce n'è molto: il governatore del Pd, Mario Oliverio, saltata l'ipotesi di dicembre, sarebbe pronto a convocare le elezioni per il 26 gennaio, per un election day con l'Emilia Romagna.

Lo stesso presidente della Regione, proprio ieri, ha ricevuto il benservito dalla segreteria Zingaretti che, tramite il responsabile per il Sud Nicola Oddati, ha definitivamente archiviato la sua candidatura (“non unisce il partito e non rappresenta il rinnovamento”).

Il problema è che Oliverio non ha alcuna intenzione di farsi da parte.

Per domani, a Lamezia Terme, il centrosinistra che gli è rimasto fedele darà vita a una sorta di 'Leopolda' calabrese per stilare il programma elettorale di una coalizione di cui, giocoforza, non farà parte il Pd. Che dunque dovrebbe rinunciare a un bacino di voti non indifferente e forse decisivo per poter competere con il centrodestra.

Per il M5S è un altro aspetto su cui riflettere.

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