In Calabria Luigi Di Maio s'è perso il Movimento. Ormai non passa giorno senza che il capo politico debba prendere atto di defezioni, ribellioni e insubordinazioni assortite. A scatenare la rivolta della base è la possibile alleanza con il Pd in vista delle prossime elezioni regionali, rifiutata sia dagli attivisti sia dai parlamentari.
L'ultimo caso, in ordine di tempo, è quello di Dalila Nesci. La deputata calabrese, dalle colonne del Fatto Quotidiano, aveva rilanciato la sua candidatura alla presidenza della Calabria e chiesto al capo politico una deroga ad hoc.
A stretto giro era arrivata la risposta del ministro degli Esteri: ''Dalila è intelligente e sa che non si può fare. Abbiamo delle regole e vanno rispettate. Non esistono deroghe".
Una chiusura netta, di fronte alla quale Nesci ha però deciso di non arretrare, ma anzi di sfidare Di Maio. “Caro Luigi leggendo le tue rassicurazioni circa la mia intelligenza ti ringrazio per averle fatte, di questi tempi frequentando i palazzi della politica a qualcuno potrebbero esser sorti dei dubbi”.
Nesci, rivolta al ministro degli Esteri, ribadisce “il dovere e la necessità di proporre un’alternativa ai modelli elettorali 'civici' che hai deciso di sperimentare cambiando le regole del M5S, modelli che senza garanzie a mio avviso rinnegano le motivazioni che ci hanno generato”.
“Non possiamo sconfessare il fatto che noi – spiega Nesci – siamo nati per essere alternativa credibile e vera a quel sistema di specchi riflessi di cui si sono serviti i partiti: se oggi peschiamo nel cosiddetto 'civismo' come foglia di fico perché non abbiamo creato i presupposti organizzativi per la formazione di una classe dirigente all’altezza delle responsabilità che ormai il popolo ci ha consegnato, noi abbiamo il dovere di porvi rimedio. Per questi motivi, in attesa di una strategia più delineata per la Calabria, io rimango a disposizione con la mia proposta di candidatura alla presidenza della Regione; proposta che non credo debba essere 'giudicata' (né tanto meno incidentalmente), ma vagliata con la serietà che deve contraddistinguere una forza politica, ancor di più la nostra che è giovane ed in evoluzione sin dalla nascita”.
Per Di Maio è senza dubbio una nuova grana, che si unisce alla fronda di tutti gli altri parlamentari calabresi. Deputati e senatori, la scorsa settimana, hanno consegnato al capo politico un documento per ribadire il loro no all'alleanza con il Pd, considerata innaturale, e per proporre le candidature di due esponenti della società civile come il medico ambientalista Ferdinando Laghi e l'imprenditore del tonno Pippo Callipo.
Ma in fibrillazione c'è soprattutto la base del Movimento, come testimonia l'iniziativa di '#noalleanze', un gruppo composto da ben 90 attivisti, tutti firmatari della cosiddetta 'Carta di Catanzaro', un documento con il quale – dopo il 'tradimento' della senatrice Silvia Vono, passata con Renzi – dicono no ai “nomi calati dall'alto” e invocano “graticole e voto online per tutti i candidati del M5S alla prossime elezioni regionali calabresi”.
Non solo, perché i militanti attaccano frontalmente proprio Di Maio: “Chiediamo un ritorno a quello che era il Movimento ab
origine. Al 4 ottobre del 2009, periodo in cui il Movimento non sentiva ancora la necessità di un capo politico...”.Di Maio rischia insomma di perdere il controllo del Movimento. E in Calabria tra pochi mesi si vota.
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