Si avvicinano le elezioni politiche e c'è chi pensa, come Matteo Renzi, al «partito di Draghi». Probabilmente senza Draghi. Il dibattito si riaccende con un'intervista del Corriere della sera all'ex rottamatore. Frasi poi rilanciate dal leader di Italia viva su tutti i suoi social e sul suo sito personale. Forse complici i sondaggi non proprio entusiasmanti, Renzi si allarga e lancia una sorta di appello a chi si riconosce in quella che definisce «area Draghi», il tutto in prospettiva di un voto nazionale previsto l'anno prossimo che potrebbe sancire la scomparsa del partito dell'ex presidente del Consiglio. È un centro dalle fattezze ancora incerte e cangianti, che punta a recuperare elettori e classe dirigente anche dai partiti dei due blocchi di centrodestra e centrosinistra. E così Renzi immagina «un sano contenitore riformatore, che non farebbe fatica ad andare in doppia cifra». Una forza che - spiega il senatore di Rignano sull'Arno - «sarebbe la salvezza per chi crede nella politica e non nel populismo».
Il fondatore di Iv indica due modelli: Mario Draghi ed Emmanuel Macron. Solo che il secondo è il presidente della Francia, mentre il primo ha fatto capire in più occasioni che dopo la fine della legislatura è pronto a lasciare la politica. E infatti l'ex premier dice di non voler «ragionare di nomi e cognomi ma di politica». Si spinge a parlare di «uno spazio che può salvare il Paese». Poi, senza nominarli, prova a sferzare i possibili compagni di avventura. Carlo Calenda, +Europa e centristi. «Non dare a questo spazio una casa e un tetto per mere ragioni di egocentrismo personale sarebbe folle e da irresponsabili», provoca Renzi. Dal centrismo all'egocentrismo. Intanto la ministra dell'Università Maria Cristina Messa, a Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, smentisce che Draghi sia stufo delle beghe tra i partiti. «Draghi stufo? No anzi è molto determinato», dice Messa.
A Renzi arriva puntuale la risposta di Calenda. Il leader di Azione replica con un tweet. «Da tempo, insieme a +Europa e liste civiche, stiamo lavorando per questo. Ma va chiarita la linea di Italia viva (un no chiaro a Pd/5S), abbandonati opportunismi elettorali locali, e devi decidere se vuoi fare politica o business», scrive l'ex ministro rivolto al capo di Iv. Calenda spera ancora in un Draghi bis, «un nuovo progetto di larghe intese guidato ancora da Mario Draghi che considero la persona giusta». E se Draghi dirà di no? «Si cercherà un altro nome».
Il contenitore di centro, dunque, potrebbe essere il catalizzatore di un altro esecutivo di larghe intese. Forse senza Draghi, ma coinvolgendo «Fi, il Pd e anche la sinistra». Questo è lo schema Calenda. Ma i draghiani scalpitano anche nei partiti definiti «populisti» dagli animatori della galassia centrista.
C'è Luigi Di Maio, a mezz'aria tra la sfida a Giuseppe Conte per la guida del M5s e le tentazioni moderate. E c'è Giancarlo Giorgetti, che di recente ha tirato le orecchie a Matteo Salvini sul viaggio a Mosca. La zona Draghi è più affollata di quanto immaginino Renzi e Calenda, i due arieti litigiosi di un centro in cerca d'autore.
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