«Chiedo scusa, ho sbagliato». Il mea culpa di Papa Francesco è arrivato ad alta quota, sul volo di ritorno dal viaggio apostolico in Perù. Non si tratta di scuse per gli errori del passato della Chiesa (come avevano già fatto Giovanni Paolo II, Benedetto XVI o lo stesso Francesco su tematiche varie), ma di scuse personali, sincere, per aver detto qualcosa di sbagliato. Riconoscendo, insomma, di non aver detto qualcosa di corretto su un caso di pedofilia.
«Chiedo scusa se ho ferito le vittime di abusi con le mie parole sul caso Barros», ha detto Bergoglio, senza batter ciglio, rispondendo alle domande dei giornalisti, che gli chiedevano conto delle sue affermazioni rilasciate pochi giorni fa ad alcuni cronisti cileni, che per strada, avevano chiesto al Pontefice un commento «volante» sul caso di Juan Barros, il vescovo di Osorno. L'alto prelato è, infatti, da diverso tempo contestato da numerosi gruppi della diocesi cilena, perché accusato di essere a conoscenza e di aver insabbiato casi di abusi sessuali commessi da padre Fernando Karadima, sacerdote mentore dello stesso Barros. Il Pontefice, che si trovava a Iquique, nel Cile settentrionale, aveva parlato di «calunnie» contro Barros, dicendosi disponibile a valutare «prove» sul vescovo: «Il giorno che mi portano prove contro il vescovo Barros parlerò, questa su di lui è una calunnia. Chiaro?».
Parole che in Cile hanno sollevato un polverone e una forte polemica da parte delle vittime di Karadima, che, però, avevano incassato il sostegno del cardinale statunitense Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston e a capo della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. Una commissione voluta proprio da Francesco, che considera il porporato un suo fedelissimo, tanto da averlo voluto anche nel C9, il consiglio dei cardinali che aiuta il Papa per la riforma della Curia. A sorpresa, però, O'Malley, nei giorni scorsi, anziché difendere a spada tratta Bergoglio, aveva rilasciato una dichiarazione secondo cui, «le parole del Papa rischiano di scoraggiare le vittime di abusi, perché se la Chiesa sostenesse che se non riesci a dimostrare le tue lamentele, allora non ti si crederà, tutto ciò significherebbe abbandonare coloro che hanno subito illecite violazioni della loro dignità personale». A quel punto, dopo essersi confrontato con i suoi più stretti collaboratori, Francesco ha deciso di chiedere scusa: «Il caso Barros l'ho fatto studiare, investigare. Davvero non ci sono evidenze di colpevolezza», ha affermato Francesco. «Ho sbagliato a usare la parola prova, parlerei piuttosto di evidenze: so che molta gente abusata non può avere delle prove.
Non le ha e non può averle, o se le ha prova vergogna: il dramma degli abusati è tremendo. Nel caso di Barros, ho studiato e ristudiato, non ci sono evidenze per condannarlo. E se condannassi senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto di cattivo giudizio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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