Il ricercatore ucciso da gruppi paramilitari della Colombia

Quello che è certo è che "non ci sono elementi che colleghino Coatti al traffico di droga o ad attività criminali organizzate"

Il ricercatore ucciso da gruppi paramilitari della Colombia
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Il biologo molecolare italiano Alessandro Coatti, il cui cadavere è stato ritrovato smembrato in Colombia, potrebbe essere stato ucciso da gruppi paramilitari del posto: lo ritengono alcuni esperti basandosi sulle caratteristiche dell'omicidio, che resta ancora un mistero per gli inquirenti. «Chi ammazza in questo modo nella regione sono quelli del Clan del Golfo e le Autodefensas Conquistadores de la Sierra», ha detto al Tiempo l'esperto di conflitti territoriali, Lerber Dimas. «Esiste un chiaro schema ricorrente in questi crimini: corpi torturati, smembrati, infilati in sacchi della spazzatura o di caffè e abbandonati sulle strade rurali» ha affermato a sua volta la specialista in diritti umani, Norma Vera Salazar, secondo cui «questi tipi di omicidi vengono utilizzati dai gruppi di autodifesa per inviare messaggi di allerta, incutere paura e marcare il territorio».

Quello che è certo - hanno precisato alcune fonti che seguono il caso da vicino - è che «non ci sono elementi che colleghino Coatti al traffico di droga o ad attività criminali organizzate».

Intanto ieri altri resti del corpo del ricercatore italiano sono stati ritrovati. Lo riportano i media locali spiegando che gli arti inferiori del corpo sono stati rinvenuti nel quartiere di Villa Betel, vicino allo stadio Sierra Nevada di Santa Marta dentro a un sacco per il caffè. Il ritrovamento è stato casuale da parte di alcuni residenti. I media colombiani sottolineano anche come i resti di Coatti siano stati trovati in tre punti diversi della città.

«Siamo fermi al punto di partenza, e saremo fermi finché le indagini là non saranno finite» commenta lo zio paterno di Alessandro. La famiglia del ricercatore, madre e padre, è chiusa nel silenzio e nel dolore nella casa di Longastrino, nel Ravennate. Lo zio non li sente da ieri, «non hanno nulla da dire», sconvolti per quanto accaduto.

Alessandro non tornava spesso «a casa», aveva una carriera internazionale avviata, ma era atteso probabilmente per Pasqua. Quanto alle ipotesi su cosa possa essere accaduto in Colombia «non sappiamo nulla», sottolinea lo zio, «non ne abbiamo una minima idea».

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