Ricerche su internet per disfarsi del corpo: le coltellate alla gola e il fuoco con l'alcol

Impagnatiello aveva premeditato il delitto per "eliminare" una donna incinta che non voleva più. Il cadavere gettato dietro un muro

Ricerche su internet per disfarsi del corpo: le coltellate alla gola e il fuoco con l'alcol
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Milano - Non è stato un delitto d'impeto l'omicidio di Giulia Tramontano. Gli inquirenti sono certi: nelle azioni di Alessandro Impagnatiello, il fidanzato di lei e padre del bimbo che aveva in grembo da sette mesi, c'è stata premeditazione. Lo dicono i primi risultati delle indagini e in particolare le ricerche su internet fatte dal 30enne mentre aspettava che Giulia tornasse sabato sera nella loro casa di Senago, poco fuori Milano. Come disfarsi di un corpo: è questo che il barman ha digitato sui motori di ricerca.

Il procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e il pm Alessia Menegazzo, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri di Senago e del Comando provinciale che in meno di 72 ore hanno risolto il caso, accusano Impagnatiello di omicidio volontario premeditato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza senza consenso. Il bambino che Giulia aspettava tra pochi giorni sarebbe potuto nascere senza conseguenze per la salute. Il movente dell'omicidio? Ancora da definire o comunque di una banalità malvagia. La volontà dell'indagato di cancellare il «problema» di una donna, per di più incinta, che non voleva più come compagna di vita. La morte di Giulia è collocata tra le 19 e le 20.30 di sabato. Da qualche tempo la 29enne ha scoperto che il fidanzato ha una storia parallela con un'altra e proprio nel pomeriggio di sabato le due si incontrano a Milano, al bar dell'Armani Hotel. È lì che Alessandro lavora (è stato sospeso) e che ha conosciuto la cameriera 23enne italo-inglese con cui ha cominciato una relazione. Mentre con Giulia stava da circa due anni. È la donna più giovane a contattare Giulia, dopo aver scoperto l'esistenza della 29enne originaria di Sant'Antimo nella vita del ragazzo. Alcuni mesi fa anche la cameriera era rimasta incinta, ma aveva abortito. All'incontro chiarificatore doveva partecipare anche lui, però non si è fatto vivo.

La 23enne ha interrotto da poco la relazione con Impagniatiello, perché ha compreso che è un bugiardo patologico. Le aveva persino detto di non poter lasciare Giulia, perché lei era mentalmente instabile e che quel bambino in arrivo non era suo. Portando persino un test del Dna, che però la ragazza ha scoperto essere un fake. Le due donne non solo non si scontrano, ma solidarizzano. Capiscono di essere entrambe vittima di un manipolatore e di aver subito violenza psicologica da lui. «Se non vuoi tornare a casa da lui, vieni pure a stare da me», dice la 23enne a Giulia. Invece la 29enne torna dal fidanzato che nel frattempo, secondo gli inquirenti, ha «organizzato» l'omicidio. Lui la uccide con un coltello. Racconterà ai carabinieri che l'arma l'aveva lei e che «si era inferta già qualche colpo all'altezza del collo». Che lui «per non farla soffrire» le ha inferto altri colpi. Una versione giudicata non credibile.

Intanto la ragazza italo-inglese continua a mandare messaggi a Giulia, è preoccupata. La giovane però è già morta e a rispondere è l'indagato: «Oggi ti ho mentito, lasciami in pace». L'uomo tenta di bruciare il corpo nella vasca cospargendolo di alcol. «Non ha esitato a far morire il figlio nascituro né a infierire sul cadavere», spiega il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Iacopo Mannucci Benincasa. «Ha agito con estrema crudeltà», per i pm. Impagniatiello poi va dalla collega: «Giulia se ne è andata, ora sono libero», le dice. La ragazza ormai ha paura di lui e non lo fa entrare.

Quindi il 30enne torna a casa e porta Giulia in garage, dove riprova a darle fuoco con la benzina. Infine porta il cadavere poco lontano e lo abbandona in una intercapedine dietro un edificio di box, dove la farà ritrovare nella notte di mercoledì.

La domenica mattina Alessandro va al lavoro, incontra l'amica che lo trova «strano» e nota guanti di lattice azzurri nel suo zaino. Al ritorno nel pomeriggio il 30enne va a denunciare la scomparsa della fidanzata. La sera di mercoledì la svolta.

Tracce di sangue vengono repertate nell'auto dell'indagato e sulle scale dell'abitazione. Lui crolla: «L'ho uccisa io». Il suo legale, l'avvocato Sebastiano Sartori, ora dice: «È come se stesse piano piano uscendo da un'allucinazione».

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